13/12/2012

MOSAICO/4 – INTRECCIO GEOMETRICO E PIETRE DEL PANARO

Le pietre e la tecnica esecutiva dei mosaici rinvenuti negli scavi di Savignano

Il grande mosaico, staccato e rimontato nell’esposizione che prenderà il via a Modena domenica 16 dicembre (Lapidario romano dei Musei civici), si sviluppa su un intreccio geometrico di ottagoni e cerchi, con al centro una decorazione figurativa racchiusa entro una corona di foglie d’alloro realizzata impiegando anche tessere in vetro rosso e verde, che dovevano risaltare alla luce accrescendo la sontuosità dell’ambiente. La decorazione centrale è molto frammentata, ma i pochi elementi rimasti lasciano intravedere il disegno di un vaso panciuto, un kantharos, elemento simbolico molto comune nei mosaici tardoantichi. Gli ottagoni laterali, conservati solo in parte, comprendono motivi circolari interni, e sono decorati da figure diverse: disegni vegetali che fuoriescono da un piccolo vaso stilizzato, un nodo di Salomone, circondato da una ghirlanda gemmata, una ghirlanda che racchiude un fiore di giglio rosato. Le decorazioni utilizzate negli spazi riempitivi sono estremamente variate: un tralcio di foglie d’edera cuoriformi, una treccia a quattro capi, una scacchiera di triangoli, linee parallele di squame allungate bianche e nere.
Del mosaico di un secondo ambiente, appartenente ad una fase costruttiva precedente, si conserva solo la cornice perimetrale, composta da un particolare motivo ad arcate rette da colonne comune nel IV secolo nella zona di Grado e Aquileia, eseguito impiegando tessere più piccole ed irregolari rispetto al mosaico dell’ambiente principale, evidentemente riutilizzate da un pavimento più antico.
Un terzo mosaico, scoperto anche da Crespellani, mostra una serie di cerchi concatenati che contengono motivi figurati; nella parte del pavimento ritrovata si trovano un kantharos, fiori, pesci disposti uno sull’altro in posizione opposta, e un grande delfino.
Le pietre. La tecnica di esecuzione del mosaico evidenzia l’impiego di tessere grandi, dal taglio spesso irregolare, rappresentanti varie tonalità cromatiche che comprendono il bianco, il grigio chiaro, il rosso, il nero, il verde e il giallo scuro. Queste sfumature di colore sono state ottenute utilizzando pasta vitrea e rocce differenti. L’analisi delle pietre ha permesso di ottenere informazioni riguardo alla natura e alla provenienza delle materie prime utilizzate. La maggior parte delle tessere scure sono ricavate da pietre di provenienza locale, forse recuperati nelle ghiaie del fiume Panaro. Si trovano però anche rocce importate dal Nord Italia, in particolare dal Veneto e dal Friuli Venezia Giulia. Alcune tessere, probabilmente reimpiegate da mosaici di età precedente, erano realizzate con una varietà di marmo proveniente dalla Turchia.
La tecnica. La tecnica di costruzione dei mosaici è descritta da Plinio e Vitruvio. Lo strato di base era fatto con uno strato di sabbia o di argilla compatta; sopra questo era steso uno strato di grossi frammenti di ciottoli o di laterizi compattati, detto “statumen”; sopra questo si poggiava il “rudus”, formato da ghiaia, pietrisco e frammenti laterizi tenuti assieme da una malta grossolana. Infine si realizzava il “nucleus”, formato sempre dagli stessi materiali ma a granulometria molto più fine, battuto e lisciato in modo che non presentasse vuoti. Le tessere erano fissate su un sottile strato di calce detto “sovranucleus”. Il mosaico vero e proprio era fatto da mosaicisti specializzati che per la posa delle tessere seguivano la sinopia, delle linee guida generalmente incise sulla base di calce, oppure un modello (“cartone”).
Se le tessere venivano posate senza sinopia il disegno presentava spesso imprecisioni dovute alla mancanza di un progetto preliminare. Nel grande mosaico esposto in mostra la necessità di adattare lo schema decorativo ad uno spazio non progettato esattamente ha portato ad uno schiacciamento nell’allineamento di alcuni motivi e al taglio di un cerchio nella composizione della soglia.

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