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I VILLAGGI ARTIGIANI DI MODENA

L’esperienza dei villaggi artigiani, parte fondamentale della politica di sviluppo urbano modenese, interessa i primi tre decenni del Dopoguerra, assecondando il mutamento delle condizioni, tanto socio-economiche, quanto legate agli indirizzi urbanistici. Si affrontano qui, comparandoli, tre dei più significativi episodi. Il primo, il Villaggio Artigiano Modena Ovest, voluto dal sindaco Corassori a partire dal 1953 e progettato dall’assessore e ingegnere Alberto Mario Pucci, mentre affronta la crisi occupazionale dei primi anni Cinquanta1, costruisce gli spazi necessari allo sviluppo di quelle attività economiche, incentrate sulla piccola e media manifattura del settore meccanico, in particolare, e artigianale, in generale, su cui come è noto, si fonderà gran parte del benessere economico della città. Su un terreno di quindici ettari, dalla caratteristica forma triangolare situato tra la ferrovia e la via Emilia Ovest, si riconoscono due differenti zone. Nella parte nord si trovano i sei blocchi di residenze Ina-Casa2 per i lavoratori e i servizi (le scuole e la chiesa), organizzati secondo i tradizionali schemi di disegno urbano.

Vista del fabbricato a uso officina e abitazione, realizzato da Vinicio Vecchi per i signori Cremonini e Sogliani, 1954. (Foto V. Bulgarelli)

In quella a sud, fino agli anni Settanta3, si sviluppa un modello insediativo maggiormente innovativo, quasi interamente impostato sulla costruzione, su piccoli lotti, di case-officina. Nei casi più interessanti la compenetrazione delle due funzioni, produce significative sperimentazioni, come nel fabbricato tra via G. Bruini e via N. Biondo, in cui le due attività, convivono in un’unità volumetrica, pur mantenendo, ciascuna la propria riconoscibilità formale. È necessario citare ancora, per restituire un’immagine del quartiere attraverso le sue architetture, alcuni dei numerosi edifici realizzati dall’architetto Vinicio Vecchi, co-progettista insieme a Pucci in questi anni, di numerose opere. Il realismo costruttivo imposto dalle condizioni economiche del periodo e le tradizionali tipologie edilizie a esso abbinate, non impediscono di operare una ricerca in chiave moderna conferita dal lavoro di composizione e scomposizione di piani e volumi.

Prospetti del progetto di Vinicio Vecchi per la casa-officina Caprari, 1954. (Archivio privato Vivia Vecchi e Gianfranco Bertolotti)

Nell’edificio per la Caprari, che genera tra l’architetto e il committente un proficuo rapporto professionale4, la regolarità del fronte principale segnato dallo sviluppo in lunghezza della loggia/balcone, è rotta dalla contrapposizione tra la parete intonacata sospesa su pilastrini e il rivestimento lapideo della parete a fianco, distanziata dello spazio dell’ingresso. Ancora, citando solo alcuni esempi, gli edifici della Cremonini e Sogliani, della Borghi e Sogliano o della Fabbi, si caratterizzano per un lavoro di rottura della scatola volumetrica, scavando logge, aggettando porzioni di volume e contrapponendo l’ortogonalità del corpo di fabbrica con le coperture a volta ribassata dei volumi destinati alla produzione. Dalla fine degli anni Novanta in poi, la parte sud del quartiere è stata interessata da insediamenti di maggiori dimensioni. Il processo di crescita ha saturato, oggi, le aree libere, rendendo indispensabile un’opera di diradamento, selettiva e puntuale, come condizione necessaria per avviare un’efficace riconversione dell’area5. Nel dicembre 2014 il Comune ha predisposto e approvato un apposito Piano di riqualificazione, anche in relazione alla dismissione di un tratto della linea ferroviaria Milano-Bologna6.

Planimetria del Villaggio Modena Est con la divisione della parte residenziale, produttiva e la collocazione dei servizi. (Comune di Modena. Documenti di vita comunale. A 3, n. 4, 1964 Cooptip Modena p. 49)

Incentivato dal successo del primo quartiere sperimentale e dalla necessità di sopperire alle domande inevase di assegnazione dei lotti del Villaggio Artigiano Modena Ovest, nel 1962-63, il Comune e il nuovo Sindaco Rubes Triva, avviano la costruzione di un nuovo insediamento, a est in località Saliceto Panaro, su un terreno di 700.000 mq. L’operazione, finanziata con un prestito della Cassa di Risparmio, è ritenuta vantaggiosa in quanto consentiva di ripagare il debito (utilizzato anche per le opere di urbanizzazione), con la sola vendita dei terreni, a un prezzo ritenuto conveniente per i futuri acquirenti. L'area nel 1967 arriva a ospitare 178 aziende. Diversamente dal primo villaggio, ma ugualmente pensato per la totale autosufficienza dei servizi primari7, Modena Est è impostato su una divisione netta delle funzioni residenziali e produttive, separate in due aree chiaramente distinte, che non realizzano l’interessante omogeneità e promiscuità funzionale del caso precedente.

Quella residenziale, si trova a ovest e occupa 300.100 mq8. Questa è pensata sul modello della città giardino, separando il flusso pedonale da quello carrabile, organizzato in strade curvilinee a cul de sac, basse densità edilizie e abbondante dotazione di aree verdi attrezzate e libere. La zona produttiva, di 399.000 mq, è suddivisa in 173 lotti, di 2.300 mq di media. L’esperienza acquisita nel precedente villaggio e la maggiore dimensioni dei lotti e delle attività, fanno propendere per la suddivisione all’interno dell’area produttiva delle varie lavorazioni, in modo da non affiancare imprese incompatibili, specializzando in tal modo i vari settori in 5 categorie principali di attività produttive: metalmeccanica (87 aziende), ceramica (14 aziende), falegnameria/tappezzeria (14 aziende), maglieria/pelletteria (11 aziende), fonderie (8 aziende), più altre 13. Queste vengono dislocate di norma in capannoni che ospitano la sola funzione produttiva, mentre quella residenziale convive, ma in corpi edilizi separati. Nel 1972, infine, si avvia l’edificazione di un nuovo villaggio per centoventiquattro aziende, situato a nord-ovest della città, in località Torrazzi.

Vista dell’edificio della Setti Ferramenta in via Martin Luther King. (Foto V. Bulgarelli)

All’inizio del nuovo decennio la legge n. 865/1972, che prevede i Piani per gli Insediamenti Produttivi, la maturazione degli strumenti di acquisizione delle aree e la crescita delle dimensioni delle attività produttive, rendono il villaggio più eterogeneo, diverso dal tentativo unitario di Modena Ovest e non così chiaramente suddiviso nelle due parti, come quello di Modena Est. Convivono qui tre tipi di insediamento. Da una parte, grandi impianti industriali, come la Annovi Reverberi (vedi scheda) o la Kerakoll, che occupano interi isolati, o l’edificio della Ferramenta Setti, in cui sembra possibile riconoscere il modello della casa officina, portata a una dimensione “fuori-scala”, dominante un importante incrocio del quartiere. In altri casi, come nel fronte nord-occidentale di via Allende, le fabbriche si dispongono in linea e direttamente su strada, senza nessuna mediazione tra lo spazio stradale e quello del commercio/produzione. Transizione presente, invece, in altri punti del villaggio, come nel fronte sud-orientale di via Gandhi, in cui è nuovamente, come nel primo villaggio, la casa ad affacciarsi su strada. Come mostra chiaramente la planimetria, il fabbricato residenziale è distanziato e si pone trasversalmente rispetto a quello produttivo sviluppato longitudinalmente seguendo la profondità del lotto, diversamente dal Villaggio Modena Ovest, in cui il volume è sostanzialmente definibile come unitario.

Vista dell’edificio della Saguatti in via S. Allende. (Foto V. Bulgarelli)

Rispetto al modello di inizio anni Cinquanta, ancora, la casa ha dimensioni maggiori e vi abitano più nuclei familiari. In essa si trovano, poi, gli uffici dell’attività quasi mescolati agli spazi dell’abitazione. Senza particolari aspetti distintivi, queste case sono costruite secondo la consuetudine della zona e devono il loro carattere a elementi quali i tetti a due acque e i rivestimenti in mattoni faccia a vista. L’uniformità di questo modello insediativo e formale, propone quasi l’immagine di un frammento di sobborgo in cui è l’aspetto domestico a predominare. Gli stessi cartelloni segnaletici delle aziende, in questo contesto, sono percepiti quasi come elementi estranei, piuttosto che come elementi di riconoscibilità. In un’altra porzione del quartiere, in particolare nel lato nord-orientale di via S. Allende, la ripetizione di uno stesso corpo edilizio realizzato in prefabbricato, distribuito a cadenza costante, propone un differente esempio del tentativo di fornire una unità al fronte stradale, rotta all’imbocco sud della via, dalla presenza dei due edifici delle aziende Saguatti e Nuova Lunelli, la cui composizione volumetrica fatta di elementi cilindrici e rivestimenti ceramici, rivela la ricerca di una maggiore attenzione formale. Ultimo aspetto che differenzia significativamente questo villaggio dai precedenti è il tema dei servizi. Se a Modena Ovest e Est si trovano servizi primari rivolti agli abitanti (asili, scuole, verde attrezzato) qui il servizio è maggiormente rivolto alle attività produttive, come testimonia la costruzione della Sede del Banco S. Geminiano e S. Prospero. L’edificio costituito da tre corpi cilindrici intersecati, è posto di fronte alla mensa (vedi scheda) a costituire un piccolo centro pubblico, all’ingresso del quartiere.

Vista della sede del Banco San Geminiano e San Prospero ai Torrazzi. (Foto V. Bulgarelli)

 

Note

1. In gran parte si tratta di operai specializzati e politicizzati rimasti senza lavoro a seguito della crisi post-bellica e dell’ondata di scioperi per la difera dell'occupazione della fine degli anni Quaranta e dei primo anni Cinquanta. Vedi V. Bulgarelli, in questo volume.
2. Si veda V. Bulgarelli e C. Mazzeri (a cura di), Città e architetture. Il Novecento a Modena, Modena, Franco Cosimo Panini Editore 2012, pp. 300-301.
3. Dai 200 ai 1.000 mq i più piccoli, fino ai 5.000 mq di quelli più grandi, edificati in gran parte nella zona a sud, dopo gli anni Settanta. Si veda G. Giusti, E. Lily Goles, cit.
4. Caprari commissionerà a Vecchi anche il nuovo stabilimento (vedi scheda in questo volume) e due ville private. In generale si può dire che l’esperienza del Villaggio Artigiano costituisca per l’architetto un importante passaggio per lo sviluppo della sua carriera.
5. Tale operazione, favorita dall’ampio bagaglio conoscitivo dell’area, consentirebbe una ricucitura delle varie aree attraverso piantumazioni e percorsi verdi, che risolverebbero anche la difficile situazione ambientale del villaggio, caratterizzata, oggi, dalla congestione (che rende inadeguato l’accesso alle attività produttive), dall’obsolescenza o abbandono di numerosi fabbricati. Si ringrazia l’architetto Andrea Cavani, che su questi presupposti che ha inteso condividere, sta sviluppando numerose riflessioni e iniziative sull’area. Parte di un più ampio progetto, non ancora compiuto, di riqualificazione della fascia ferroviaria, il quartiere è stato oggetto di alcune iniziative volte alla sostituzione di alcune attività produttive “pesanti”, con altre “leggere”, dell’economia digitale, dell’industria “creativa” o dell’artigianato, recuperando in questo caso la vocazione originaria. Per i progetti in corso: http://www.villaggioartigianomodena.it/. Si veda anche: il progetto che coinvolge il Villaggio Artigiano nella sperimentazione sulla modellazione delle isole di calore: http://www.comune.modena.it/laboratoriocitta/ laboratoriocitta/pubblicazioni-eventi/villaggio-artigiano-di-modena-ovest/esiti-del-progetto.
6. Vedi M. Capucci, in questo volume.
7. Il villaggio prevede, oltre alla dislocazione di alcune attività commerciali di prima necessità, la costruzione di servizi quali l’asilo nido, la scuola materna ed elementare, attrezzature sportive tra cui un piccolo palazzetto dello sport, la chiesa, e, nella zona industriale, un ristorante (definito popolare), bar e sale lettura con biblioteca, di cui verrà realizzata solo la mensa (vedi scheda).
8. 10.000 mq sono destinati all’edilizia intensiva, 31.000 all’edificazione semi intensiva per coop edilizie o per alloggi popolari, 156.000 mq per case unifamiliari o piccoli condomini con pochi appartamenti. I dati qui riportati, come quelli che seguono relativi all’area produttiva, sono tratti da Nuovo quartiere residenziale-artigianale Modena Est, Comune di Modena. Documenti di vita comunale, A. 3, n. 4, Modena, Cooptip 1964.

Bibliografia

Nuovo quartiere residenziale-artigianale Modena Est, Comune di Modena. Documenti di vita comunale, A. 3, n. 4, Modena, Cooptip 1964.
Un villaggio tra la ferrovia e la campagna, Modena Il Fiorino, 2007.
V. Bulgarelli, C. Mazzeri (a cura di), Città e architetture. Il Novecento a Modena, Modena, Franco Cosimo Panini Editore 2012.
C. Dall’Olio, F. Ferri, M. Smargiassi, T. Tarroni, Il lunedì del Villaggio. Immagini del primo insediamento artigiano a Modena (1953), Cento, Siaca Arti Grafiche 2003.
G. Giusti, E. Lily Goles, Densità sostenibile: il caso del Villaggio Artigiano di Modena Ovest, in M. Tozzi Fontana, E. Chirigu (a cura di), Il patrimonio industriale a Modena, (atti del convegno tenutosi a Modena il 15 aprile 2011), Bologna, Centro Stampa Emilia-Romagna 2014, pp. 89-99.
W. Guerrieri, Il villaggio: una ricerca fotografica sul villaggio artigiano di Modena ovest, Rubiera, Linea di Confine 2009.
L. Montedoro (a cura di), La città razionalista. Modelli e frammenti, Modena, RFM Edizioni 2004, pp. 246-247.
M. Smargiassi, E. Righi, I villaggi artigiani. L’invenzione dei villaggi artigiani: governo del territorio e sviluppo economico nell’esperienza modenese, Comune di Modena 2003.

 

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