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Centrale acquedotto comunale

via S. Cannizzaro 125

1932-1934

Barbolini, Gaudenti

L’Ufficiale Sanitario Antonio Boccolari, descrive nel 1909 una città con gravi carenze igieniche e dei suoi servizi idrici. La città non era dotata di acquedotto e l’acqua per usi igienici e potabili era assicurata da un sistema di “pozzi vivi” artesiani, che spesso alimentavano i “pozzi vasi”, cisterne che servivano le abitazioni e nelle quali era frequente la contaminazione batterica. Nel giugno del 1900 il Comune aveva predisposto un bando per un progetto di acquedotto, dopo anni di indagini, discussioni, ipotesi e proteste. Solo il 7 marzo del 1926, alla presenza del ministro Federzoni e con dedica al Re, si procede alla posa della prima pietra della rete e della torre piezometrica, in via Cannizzaro. L’area era tra quelle con l’acquifero migliore per qualità e quantità, vicine alla città, per contenere i costi di realizzazione. Il progetto definitivo redatto dagli ingegneri Barbolini e Gaudenti è approvato nel luglio del 1932 e il 20 giugno del 1934 il Ministero dei Lavori Pubblici ne autorizza l’esecuzione, per una spesa di 9,8 milioni di lire da ammortizzare in cinquant’anni. L’appalto concorso viene aggiudicato alla Società Anonima CREA e nella primavera del 1936 sono realizzate le linee principali e l’opera è completata nel 1939.

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Figura 1 - Vista attuale della torre piezometrica. (Foto C. Fornaciari)

 L’architettura dell’impianto di sollevamento e trattamento delle acque, con la torre piezometrica, si distingue da quella dei serbatoi, che tra le due guerre saranno realizzati per assicurare la pressione necessaria a servire la rete idrica di una città in costante espansione. Lo slanciato volume a risega della torre, ulteriormente slanciato da una lunga apertura verticale, costituisce l’esito architettonico più rilevante di questa infrastruttura. Come in altre città dell’Emilia-Romagna – Ferrara, Ravenna – il regime fascista realizzò acquedotti che, a fronte dei pochi edifici con caratteri architettonici riconoscibili, presentavano essenzialmente costruzioni ingegneristiche e condotte. Mentre a Ferrara il grande serbatoio pensile progettato da Carlo Savonuzzi acquisiva le sembianze di un edificio classico e a Ravenna la torre piezometrica del romano Vincenzo Fasolo si configurava come un monumentale traliccio in cemento armato tamponato da pareti in mattoni a vista la cui sagoma ricorda una torre medioevale, l’edificio modenese rappresenta con la sua semplicità una precisa rispondenza alle esigenze funzionali dello stesso. L’acquedotto verrà municipalizzato nel 1970.

 

Fonti archivistiche e bibliografiche

A. Giuntini, G. Muzzioli, Al servizio della città, Bologna, Il Mulino, 2003.
V. Bulgarelli, C. Mazzeri, La città e l’ambiente, Carpi, APM Edizioni, 2009.

 

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