Le reti
L'AMBIENTE CHE QUASI NON SI VEDE
Reti e servizi per l'energia e l'ambiente
di Vanni Bulgarelli
Possiamo oggi vivere in una città senza fognature, acquedotto, elettricità e gas? Agli inizi del Novecento Modena non aveva un acquedotto, le fogne erano ricavate dalla rete dei canali medievali “voltati”, cioè coperti. L’energia elettrica e il gas di città servivano per l’illuminazione pubblica, qualche officina e pochi privilegiati.
Una città sull’acqua: sporca
La mancanza dell’acquedotto e di una efficiente rete fognaria sono, nel primo decennio del secolo, causa di elevata mortalità soprattutto infantile. Modena è tra le prime città d’Italia in questa poco onorevole graduatoria. Il sistema di “canalizzazione unica promiscua”, usato dal Medioevo per allontanare i reflui urbani, attraverso i canali che percorrono la città, continuava a funzionare, con gravi perdite. La falda sottostante, da cui si attingeva l’acqua per l’igiene e l’alimentazione, veniva così inquinata. Dai 935 pozzi della città storica e dagli oltre ottomila di tutto il territorio comunale si prelevava l’acqua, distribuita tramite le fontane pubbliche o le cisterne (i “pozzi vasi”) e solo per alcuni direttamente in casa. Proprio i “pozzi vasi” sono indicati come i principali responsabili delle infezioni, che falcidiano la popolazione nei quartieri più degradati.
La Municipalità elabora discute ipotesi e progetti, ma complici l’instabilità politica e gli interessi contrastanti tra chi dovrebbe pagare, con le tasse, gli investimenti necessari e i ceti popolari, che subiscono il degrado, le soluzioni tardano. Nel 1903 un innovativo progetto per la canalizzazione fognaria separata tra “acque scure e chiare” venne giudicato troppo costoso e non risolutivo. Il semplice ammodernamento della rete, elaborato dall’Ufficio Tecnico Comunale nel 1911, sarà più volte rivisto e poi parzialmente realizzato venti anni dopo.
Per l’acquedotto lo scontro è tra chi vuole portare l’acqua dall’Appennino a Modena, con l’avvio nel 1920 dell’impianto di Rosola (Zocca) e chi ritiene più conveniente scavare pozzi nel territorio comunale, che offre comunque acqua sana. Nel 1936, abbandonata la via dell’Appennino, viene appaltata alla Società Anonima CREA la realizzazione del progetto infine scelto. Si scavano i pozzi a Cognento, completando le linee, poi attivate a guerra iniziata. Nel 1926 era stata avviata la realizzazione alla Crocetta della torre piezometrica e dei primi tratti di rete.
La modernizzazione energetica della città
Il gas e poi l’elettricità giungono a Modena attraverso l’illuminazione e i trasporti pubblici. L’Union de Gaz, società francese, dal 1856 produceva gas dalla “distillazione” del carbone, per illuminare parte della città e servire alcune utenze private. Nel 1904 il Comune affida alla ditta Tavoni-Axerio & C. la realizzazione di una centrale per la produzione di energia elettrica per i nuovi tram, in sostituzione degli omnibus a cavalli. Dopo gravi contrasti il Comune decide di assumere il controllo pubblico dei servizi e costituisce nel 1912 l’AEM, Aziende Elettriche Municipalizzate, tra le prime in Italia. Anche i decenni di contenzioso sulla gestione del gas si concludono nel 1919, con l’affido alla nuova Azienda municipale del gas. Solo nel 1941 le due aziende municipalizzate si fonderanno costituendo l’AMCM.
La centrale termoelettrica di via Sigonio, completata nel 1915, si dimostra rapidamente insufficiente a produrre tutta la crescente richiesta, che passa dai 1.242kwh del 1905 ai 510.000kwh di tre anni dopo, per superare i 4 milioni di kwh nel 1918. Agli inizi del secolo erano stati 1.200mila i m3 di gas venduti, saliti a 3.300mila m3 poco più di dieci anni dopo. Nel 1931 vengono triplicati gli impianti del gasometro. Si fa crescente la ricerca di una impossibile autonomia energetica della città, tentando di sfruttare i giacimenti di idrocarburi del territorio (Barigazzo) e progettando sbarramenti fluviali (Secchia), per rafforzare la produzione idroelettrica.
I servizi a rete e il “boom” economico
Lo sviluppo dei servizi accompagna il “boom” economico e sociale del secondo dopoguerra e ne è uno dei protagonisti, terreno qualificante delle politiche riformiste dei governi locali, per affermare, attraverso le aziende municipalizzate, il controllo pubblico delle risorse energetiche e ambientali.
Dai primi anni Cinquanta Modena è punto di riferimento di un movimento municipale di città, che chiedono di essere protagoniste dello sviluppo dei propri territori, a partire dalla disponibilità del gas metano “estratto sotto i loro piedi”, ma destinato da AGIP, poi ENI, tramite SNAM ad altri mercati. Analogamente per l’energia elettrica che, con l’insufficiente produzione locale, è sempre più fornita dalla Società Emiliana Energia Elettrica. Grazie in particolare all’iniziativa di Rubes Triva, Vice Presidente della Provincia, poi dal 1962 Sindaco della città, Modena ottiene da AGIP forniture adeguate di metano, che sostituisce integralmente nei tubi dal 1963 il “gas di città”. Nel 1957 viene chiuso l’inquinante gasometro e, grazie agli incentivi comunali, gli utenti dell’AMCM passano da 10.170 nel 1951 a oltre 40.000 nel 1971, fino ai 119.302 del 2001. La metanizzazione integrale della città e poi del territorio è certo una delle principali opere “ecologiche” realizzate nel Novecento. Importante anche l’impegno per l’energia elettrica che, dopo la nazionalizzazione della SEEE e la creazione di ENEL nel 1962, grazie all’alta competenza tecnica dimostrata dall’AMCM, consentirà di mantenere la gestione municipale della distribuzione.
Gli interventi di risanamento
Solo negli anni Sessanta si riprende con più attenzione il problema della gestione delle risorse idriche, ormai fortemente compromesse dall’inquinamento e dall’uso sfrenato. Il “Piano Generale di sistemazione e ampliamento della fognatura urbana della città” arrivò nel 1970. Pur non affrontando il nodo dei canali e delle fogne del Centro storico, ancora in gran parte poste sotto i fabbricati, il progetto consentì un primo decisivo contributo al risanamento della rete, al deflusso dei canali, alla copertura di quelli degradati, già accelerata dalla fine degli anni Cinquanta, con la pressione dello sviluppo urbanistico. Con il Piano di tutela e uso delle risorse idriche del Comprensorio di Modena (PTURI) del 1979, sono poste le basi tecnico-scientifiche per realizzare nel 1984 il depuratore di città e delle frazioni, tra i primi in Italia. Più specifici e finalmente tra loro integrati saranno i contenuti propositivi del Piano di risanamento della rete fognaria urbana e della rete idrografica del territorio, predisposto in coerenza con il PTURI, sotto la direzione di Ugo Maione nel 1985. In attuazione delle linee indicate dal Piano, nel 1987 lo stesso Maione elabora il Piano di risanamento e ristrutturazione della rete fognaria urbana del Centro Storico.
Dal censimento del 1951 emerge che nel Comune di Modena l’acqua potabile è ancora assicurata da 8.806 pozzi e per 1.631 case la fornitura è all’esterno dell’abitazione, mentre solo 16.238 abitazioni sono dotate di un servizio interno collegato all’acquedotto. La situazione migliora un decennio dopo e nel 1971, 42.571 abitazioni, in gran parte di nuova costruzione, sono dotate d’impianto interno. Restano attivi 7.866 pozzi, che solo nel 1991 si ridurranno a 1.658. Anche l’acquedotto, dopo il riscatto dal gestore privato nel 1970 (con la costituzione della AMAC) e l'affidamento nel 1974 all’AMCM, assumerà assetti tecnologici più avanzati, fino agli attuali sistemi di telecontrollo collegati alla sua distrettualizzazione.
Le “aziende” un patrimonio della città
Dalla metà degli anni Settanta le aziende municipalizzate di Modena, AMCM e AMIU assumono in modo più forte e diretto il tema della qualità ecologica dei servizi e diventano strumenti diretti e qualificati per le politiche ambientali del Comune e del territorio. Si lavora con investimenti, organizzazione e comunicazione, anticipando spesso le disposizioni nazionali, con più attenzione al risparmio energetico, al recupero delle perdite della rete idrica, con la depurazione, la promozione del consumo responsabile delle risorse e la realizzazione di due reti di teleriscaldamento tra le prime in Italia. Nel 1981 presso l’AMCM “venne istituito un apposito ufficio finalizzato a individuare ed affrontare i problemi del risparmio energetico”. Nel 1991 è nominato tra i primi in Italia l’Energy Manager comunale.