Ambiente e cultura
LA QUESTIONE AMBIENTALE COME QUESTIONE CULTURALE
di Vanni Bulgarelli con la collaborazione di Catia Mazzeri e Nadia Paltrinieri
L’idea di natura, come complessa costruzione culturale, si è storicamente modificata e ha assunto nel tempo connotati diversi e ancora oggi controversi. Dalla seconda metà del secolo, nelle società a maggiore sviluppo socio-economico, anche a fronte dei suoi indesiderati effetti collaterali, si afferma una nuova domanda di qualità della vita. In una visione che resta antropocentrica, cresce l’attenzione per la qualità degli ambienti di vita e di lavoro, per la preservazione delle altre specie viventi e degli habitat incontaminati. Si è trattato di un progressivo mutamento culturale indotto da eventi spesso tragici e dal lavoro culturale di intellettuali e associazioni.
Ambiente tra igiene, estetica e sicurezza
Agli inizi del Novecento la “cultura ambientale” a Modena coincide con quella dell’igiene ambientale urbana. La “cultura progressista” stimola l’insediamento di manifatture, spesso a elevato impatto igienico-sanitario e ambientale. Il terzo tassello delle relazioni culturali con l’ambiente è l’idea di una “natura matrigna”, che nel territorio Modenese riguarda soprattutto la sicurezza idraulica, cioè l’azione contro la pericolosità dei corsi d’acqua e delle frane. Nel 1912 il progetto di costruzione della nuova centrale elettrica di via Sigonio sollevava timori, lamentele e perplessità, per la sua collocazione in zona residenziale. La tutela formale della sicurezza e dell’igiene degli ambienti di lavoro sono affidate, nei primi decenni del secolo, a qualche articolo dei regolamenti comunali. La conservazione di particolari valori naturali e storico-ambientali è la prima e la più riconosciuta tra le posizioni culturali e politiche di tutela ambientale che si propongono, non solo in Italia, nei primi decenni del Novecento.
Il fumo delle ciminiere è lavoro e progresso
Lo sviluppo industriale, vissuto comunque come progresso, le urgenze della ricostruzione economica, sociale e morale del Paese, dopo il ventennio fascista e la guerra, caratterizzano anche a Modena l’azione e l’ideologia delle forze politiche, sociali e della cultura, sia al governo locale che all’opposizione. Le associazioni che nascono in quel periodo, come Italia Nostra nel 1955 o la Fondazione Pro Natura nel 1959, sono ancora èlitarie e orientate preminentemente alla denuncia e all’azione protezionistica. Anche la sezione italiana del World Wide Fund for Nature, costituita nel 1966 assume la stessa linea d’azione. Le posizioni protezionistiche sono però viste dalla grande maggioranza come antimoderne e aristocratiche. Questa diffidenza, non solo estraneità, verso le posizioni impopolari espresse dalle prime associazioni per la tutela ambientale penetra nel profondo del corpo sociale, nelle rappresentanze politiche e nei loro gruppi dirigenti. La critica al modello capitalistico e allo sfruttamento del lavoro, che dovrebbe avvicinare la sinistra politica italiana e modenese alle istanze ambientaliste, sembra invece rafforzarne la presa di distanza.
I limiti dello sviluppo
Nel novembre del 1970, il Papa Paolo VI richiamava il genere umano a “dominare il suo stesso dominio” sulla natura. Nell’Aprile dello stesso anno, a New York si snoda una grande manifestazione nell’Earth Day contro l’inquinamento automobilistico. Tre mesi prima il Presidente Nixon aveva lanciato un programma per dotare gli Stati Uniti di depuratori delle acque e rendere l’aria più pulita. La presentazione delle tesi del “Club di Roma”su I limiti dello sviluppo, nel marzo del 1972, fa conoscere, con grande clamore in Italia, le posizioni di Barry Commoner e di altri intellettuali. Pochi mesi prima, nel novembre del 1971, l’Istituto Gramsci aveva tenuto un importante convegno: “Uomo Natura Società”, con l’esplicito obiettivo di individuare nuovi fondamenti teorici circa il dominio dell’uomo sulla natura.
La cultura ambientalista a Modena
Sul finire degli anni Sessanta, le prime leggi nazionali e il manifestarsi sempre più frequente di evidenti fenomeni di inquinamento richiamano una più forte attenzione delle amministrazioni locali modenesi alla nascete “questione ambientale”. Nel 1971 l’Amministrazione provinciale istituisce il primo Centro antinquinamento, soprattutto a seguito dei danni rilevati a Sassuolo sulla salute di operai e bambini delle emissioni in atmosfera delle ceramiche. Un importante segnale del mutamento maturato in parti dell’opinione pubblica locale arriva con la costituzione nel 1970 della “Lega per una città umana e per sopravvivere”, oggi “Lega per la difesa ecologica”. Tra le sue prime battaglie, c’è quella contro l’urbanizzazione dell’attuale Quartiere Giardino. Un secondo soggetto protagonista della sensibilizzazione ecologica a Modena è la sezione locale di Italia Nostra.
Ambiente e politica a Modena
Nel 1975 è assegnata per la prima volta la delega di assessore provinciale all’Igiene ambientale a Celso Gherardi. Alla fine del Marzo 1977 si svolge un Convegno dal titolo emblematico: “Gli enti locali per la gestione democratica degli interventi a tutela dell’ambiente: esperienze, problemi, prospettive”. Qualche mese prima si era costituito in ambito provinciale il CIDA, Comitato Interassociativo per la difesa dell’Ambiente, per accompagnare il potenziamento delle strutture tecniche e delle politiche locali con la partecipazione dei soggetti sociali più impegnati. Nel 1976 il grave incidente all’ICMESA di Meda vicino a Seveso scuote l’opinione pubblica e segna una svolta nella cultura politica italiana verso le problematiche ambientali. Nel 1979 si costituiva nell’ARCI la Lega per l’ambiente, con l’apertura a Modena di un circolo, che con il Comitato Provinciale dell’Associazione organizzò l’anno dopo la prima Festa dell’ambiente.
L’impegno delle istituzioni locali
La nuova Giunta comunale del 1980, con Sindaco di Mario Del Monte sancisce l’apertura di una fase nuova. Per la prima volta viene affidata una delega specifica sulle politiche ambientali. L’Assessore Giovanni Romagnoli nella relazione programmatica presentata nel novembre 1980 richiama esplicitamente i “Limiti dello sviluppo”. Con il rimpasto di Giunta del 22 ottobre 1982, la nuova delega “all’ambiente, risorse e rapporti con le aziende municipalizzate” è affidata ad Arrigo Sacchi, che si rese presto conto delle difficoltà che avrebbe incontrato a causa soprattutto del permanere dell’indifferenza verso questi temi. Analogamente, in Consiglio Provinciale, con l’approvazione, sempre nel Luglio del 1980, di un impegnativo documento politico programmatico e la nomina ad assessore di Liliano Famigli, si concretizza la svolta nell’impegno culturale delle amministrazioni locali sull’ambiente. Nel 1983 è pubblicata dalla provincia la “Prima relazione sullo stato dell’ambiente”. Nelle elezioni amministrative del 1985, per la prima volta si presenta a Modena la Lista Verde che conquista il 3,2%, a fronte dell’1,9% della media nazionale.
L’intento informativo-educativo permea numerose iniziative delle pubbliche amministrazioni rivolte ai cittadini, per sensibilizzarli sulle questioni concrete del “vivere l’ambiente rispettandolo”. Tra le tante, nel 1983 il Comune, con l’azienda municipalizzata AMIU, organizza una serie di attività sul tema dei rifiuti sotto lo slogan “L’uomo sporca, l’uomo pulisce”. La partecipazione dei cittadini è stimolata anche nel 1988 con la costituzione del Corpo delle Guardie Giurate Ecologiche Volontarie, poi riconosciuto dalla Regione nel 1989.
L’ecologia si fa politica
Il quadro internazionale dei temi ambientali, la crescente attenzione dei mezzi d’informazione e le criticità locali, favorivano l’aumento delle adesioni alle associazioni ecologiste e l’affermazione elettorale delle liste verdi alle elezioni amministrative del 1990. Le due liste in cui si era diviso l’eterogeneo arcipelago verde: Sole che ride e Arcobaleno, si presentavano unite a Modena, conquistando il 5,8% dei voti ed eleggendo tre consiglieri. Nel 1989 si era costituito il primo comitato dei cittadini contrario all’ampliamento dell’inceneritore dei rifiuti.
Il lungo percorso di presa di coscienza da parte dei cittadini e delle forze sociali, stimolato in grande misura proprio dalle amministrazioni locali, trova sanzione compiuta nell’articolo 3 dello Statuto del Comune approvato il 15 luglio del 1991, poi più volte modificato, che recita: “Il Comune promuove a salvaguardia dell’ambiente, ed anche in nome delle generazioni future, l’organico ed equilibrato assetto del territorio; tutela e valorizza le risorse naturali, culturali, storiche ed artistiche del territorio comunale.” È evidente il riferimento ai principi dello sviluppo sostenibile.