Mutina, l’antica Modena di età romana, nel I secolo dopo Cristo: attorno al seppellimento di una bambina si realizza un rituale che congiunge l’anima e il corpo attraverso gli oggetti che la famiglia sceglie di offrire alla piccola per accompagnarla nel suo ultimo viaggio.
Un vero e proprio “Filo d’amore e di sangue”, giunto fino a noi grazie al recente rinvenimento archeologico della sepoltura, che viene raccontato nel percorso immersivo della mostra che il Museo Civico di Modena propone in occasione del FestivalFilosofia sul tema Psiche, intesa in questo caso come “soffio vitale”.
Aperta da venerdì 13 settembre (con inaugurazione alle 17), la mostra “Il filo d’amore e di sangue. Racconto di vita e morte a Mutina” affronta il tema del rapporto tra anima e corpo e tra morte e vita, strettamente collegate nel mondo classico grazie ai rituali legati alla cura delle anime, partendo, appunto, dal rinvenimento nella necropoli che fiancheggiava la via Emilia a est della città (nei pressi dell’incrocio con l’attuale via Cesana) di una sepoltura che conteneva due urne cinerarie appartenenti a una bambina, morta tra i 4 e i 6 anni e a una giovane donna.
La tomba era priva di iscrizioni, ma gli oggetti lasciati dai familiari per il viaggio nell’aldilà, esposti nella sala immersiva, rivelano tratti di vita e riportano alla luce affetti e squarci di colori capaci di oltrepassare l’oscurità della morte e del sepolcro.
Le parole della bambina, probabilmente di una famiglia originaria delle regioni pedemontane delle Alpi centro-occidentali, scritte e registrate dalla scrittrice Camilla Caldarigi della Scuola Holden (che ha collaborato al progetto), daranno vita agli oggetti esposti, tra i quali un uovo in pietra, simbolo della rinascita dell’anima e della condizione della bambina la cui vita è stata interrotta dalla morte prematura come un uovo mai dischiuso.
Il visitatore sarà avvolto, infine, dalla suggestione di luci e ombre, nero e colori dell’allestimento multimediale realizzato con la tecnica del videomapping che dialoga con la narrazione e con gli oggetti esposti e da un’essenza profumata, come potevano essere quelle contenute nei balsamari, riprodotta grazie ai resti botanici rinvenuti nella tomba, che lo riporterà nel mondo della bambina dove erbe native nei luoghi d’origine della famiglia convivevano con aromi che riportano al gusto dei romani.
La mostra, curata da Silvia Pellegrini del Museo Civico, si può visitare fino al 20 ottobre; durante il Festival sarà aperta dalle 9 alle 23 venerdì e sabato e dalle 9 alle 20 domenica. Informazioni:www.museocivicomodena.it
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