Avviare un percorso per garantire ai dipendenti del Comune di Modena, e a coloro che lavorano in appalti comunali, un salario minimo di 9 euro l’ora. È la principale richiesta che il Consiglio comunale rivolge all’Amministrazione con l’ordine del giorno dedicato al trattamento economico minimo orario, presentato da Sinistra per Modena, Europa Verde-Verdi, Movimento 5 stelle e Modena Civica e approvato con anche il voto a favore di Pd; assenti gli altri gruppi al momento della trattazione della mozione.
Illustrando il documento, Camilla Scarpa (Sinistra per Modena) ha parlato di povertà lavorativa sempre più diffusa, ovvero di quella condizione in cui il salario non consente di sostenere condizioni di vita dignitose ai lavoratori. Citando alcuni dati Istat, infatti, la consigliera ha sottolineato come i rapporti di lavoro con retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi siano quasi un quinto del totale, coinvolgendo circa 3 milioni di lavoratori.
Ricordando che la Carta costituzionale afferma il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro, Scarpa ha quindi fatto riferimento a una recente proposta di legge a firma delle opposizioni al Governo nazionale che proponeva un trattamento non inferiore a 9 euro lordi. Ma il testo della proposta, ha puntualizzato, è stato integralmente sostituito (“e quindi snaturato”) da un emendamento della maggioranza di destra che, nei fatti, ne ha impedito la discussione dei contenuti.
Sottolineando che a Modena l’80 per cento dei nuovi assunti ha un rapporto di lavoro precario, Scarpa ha voluto ricordare alcune iniziative intraprese dal Comune per rispondere al problema, come i protocolli con Cgil, Cisl e Uil per contrastare forme contrattuali che peggiorano le condizioni di lavoro e per ridurre ulteriormente la frammentazione contrattuale nell’ambito del sistema integrato di educazione e istruzione “Modena Zerosei”.
Sulla scia di mozioni analoghe approvate in altri Consigli comunali, l’ordine del giorno chiede dunque in particolare di verificare, in conformità con l’attuale normativa, la possibilità di raggiungere l’obiettivo di un salario minimo di 9 euro l’ora per tutti i dipendenti del Comune di Modena e per coloro che lavorano in un appalto comunale, auspicando che tale iniziativa possa poi estendersi anche i lavoratori della Regione Emilia-Romagna. Contestualmente, il documento impegna l’Amministrazione a sostenere, in tutte le sedi opportune, ogni misura che possa portare all’approvazione di una proposta di legge che preveda, appunto, che il trattamento economico minimo orario non possa essere inferiori a 9 euro lordi.
Aprendo il dibattito per il Movimento 5 stelle, Barbara Moretti ha auspicato l'estensione del salario minimo pure a tutte le società partecipate del Comune (“con anche una ricognizione puntuale delle condizioni contrattuali praticate dalle stesse”). L’obiettivo, ha sostenuto la consigliera, è quello di evitare “giungle retributive”. Affermando che bisogna interessarsi a quella minoranza di lavoratori poveri dimenticata dal Governo, Giovanni Silingardi ha sottolineato l'importanza di impegnare il Comune (“che a cuore queste tematiche”) per avviare un percorso di attuazione del salario minimo “a prescindere dalle legge”. Ma per raggiungere l'obiettivo, ha precisato il consigliere, occorre ricalibrare le spese "altrimenti il rischio è di aumentare le diseguaglianze".
Anche Antonio Carpentieri (Pd), esprimendo sostegno e appoggio alla mozione, si è soffermato sul tema dei maggiori costi che la pubblica amministrazione dovrà eventualmente e “giustamente” sostenere per garantire il salario minimo: “È questo il vero tema politico: da dove verranno le risorse? Se vogliamo un salario dignitoso dobbiamo avere anche la forza e il coraggio di trovare le risorse, sapendo che ci saranno dei costi che la collettività dovrà in qualche modo sostenere”.
“La mozione accende la luce su ciò che facciamo finta di non vedere, ovvero lo sfruttamento diffuso dei lavoratori” ha dichiarato Paola Aime (Europa Verde-Verdi), specificando che “il lavoro povero, oltre a ledere la dignità della persona, indebolisce pure tutta la società, perché quei lavoratori hanno un ridotto potere d’acquisto”.
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