Il manoscritto di Pietro Giannone era parte dei documenti del poeta e patriota donati nel 1894 dall’amico Giuseppe Silingardi appartenenti alla raccolta del Risorgimento del Museo Civico.
Un testo incomprensibile, composto da numeri e strani simboli che ha stimolato la curiosità di studiosi ed enigmisti restando avvolto nel mistero per quasi 150 anni.
Per vedere chiaro in quei segni si è atteso fino al 2014 quando il matematico Paolo Bonavoglia in collaborazione con Consolato Pelelgrino, è riuscito nell’impresa di decrittare il manoscritto rivelando un poema erotico dal contenuto piuttosto esplicito.
Gli studi condotti intorno al cifrario Giannone hanno messo in evidenza in che misura esso sia un originale misto di ciframento lettera per lettera, per gruppi di due o tre lettere, per parole criptate con ideogrammi. Ingegnoso, ma con alcune debolezze, che ne hanno consentito la decrittazione in tempi relativamente brevi, una volta individuata la falla.
Si tratta di un codice “fai da te” nel quale mittente e destinatario coincidono. Con ogni probabilità la principale preoccupazione di Giannone era che il contenuto scabroso del poema non fosse letto da parenti e amici.
Il cifrario ha più di duecento simboli, gli ideogrammi sono per lo più di facile lettura, qualche volta ambigui da risolvere in base al contesto e alla metrica. Inoltre, gli occorreva un cifrario che si potesse ricordare a memoria per poter scrivere senza consultare codici o tabelle. Con questo procedimento era facile incorrere in sviste e refusi, come ha confermato l’analisi del testo da parte dei crittografi soprattutto nei simboli digrafici e trigrafici, e in alcuni ideogrammi.
Tuttavia, il cifrario di Giannone appare nell’insieme ben congegnato, al punto che ha resistito per un secolo e mezzo.
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