Grazie a nuove tecniche di indagine, la ricostruzione del volto della protagonista della mostra e la scoperta di una fitta trama di tatuaggi sulla sua pelle
La ragazza osserva il visitatore da una dimensione lontana nel tempo e nello spazio, con uno sguardo smarrito, mentre si appresta a percorrere la riva della baia di Ancón, forse per l’ultima volta.
È grazie alle tecniche impiegate in contesti forensi che Chantal Milani, consulente in centinaia di autopsie e casi giudiziari, ricostruisce, a partire da una tomografia computerizzata, il volto della giovane donna mummificata conservata al Museo Civico restituendole così almeno una parte di identità.
Ed è proprio la ricostruzione del volto della mummia il punto di partenza per la videoinstallazione evocativa dedicata alla ragazza di Ancón che emoziona il visitatore mettendolo in contatto diretto con la protagonista della mostra.
Il corpo mummificato della giovane peruviana, al centro di questa mostra insieme a otto crani provenienti dalla stessa necropoli, in questa occasione ci racconta con molta efficacia perché i resti umani rappresentano insostituibili testimonianze di interesse scientifico. Le conoscenze di un’antropologa culturale, Ilaria Pulini (già Museo Civico di Modena, Goldsmith University di Londra), unite alle indagini bio-antropologiche coordinate dal paleopatologo Mirko Traversari (Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche - Università di Bologna), hanno restituito ai resti umani della necropoli di Ancón una piccola parte della loro identità, oltre a fare emergere aspetti della vita e dei rituali funerari delle “Genti di Ancón”.
L’indagine si è inoltre avvalsa del contributo di Robin Gerst (Goethe-Universität, Francoforte) che, grazie a una particolare tecnica di ripresa fotografica, ha individuato quello che nessuno fino a oggi aveva potuto riscontrare: una fitta trama di tatuaggi su un braccio della giovane, che richiamano i decori dei tessuti provenienti dallo stesso sito.
Ma non è tutto: le indagini eseguite da Mirko Traversari con l’avanzato supporto di imaging attraverso l’Anatomage Table hanno mostrato una frattura vertebrale compatibile con un’azione di strangolamento, una pratica rituale che troverebbe riscontro nell’ambito andino pre-incaico e incaico. Notizie che hanno destato l’interesse di Alberto Angela che, subito dopo la scoperta, ha dedicato alla mummia un servizio nella trasmissione Noos, in prima serata su Rai 1.
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