18/10/2024

MUSEO CIVICO, ARCHEOLOGIA DI UN PROFUMO IN “AFFLATO NATIVO”

Domenica 20 ottobre, alle 17, conversazione intorno all’installazione “Il filo d’amore e sangue. Racconto di vita e morte a Mutina” per odorare un’antica essenza profumata

Un’antica essenza “ricostruita” attraverso ricerche archeologiche e botaniche che si può odorare oggi è la protagonista di “Afflato nativo. Archeologia di un profumo”, la conversazione intorno all’installazione “Il filo d’amore e di sangue. Racconto di vita e morte a Mutina” in programma al Museo Civico di Modena domenica 20 ottobre alle 17, a ingresso libero.

Silvia Pellegrini, archeologa del Museo Civico, Giovanna Bosi, archeobotanica del Dipartimento di Scienze della vita di UniMoRe, e Paola Paltrinieri, erborista, guidano i partecipanti nel percorso di riproduzione delle essenze che nell’antica Roma, accompagnavano i defunti nel loro ultimo viaggio. In particolare, le tre studiose hanno ricostruito l’essenza che probabilmente era contenuta nei balsamari trovati nella tomba della bambina che è al centro dell’installazione visitabile al Museo fino al 3 novembre. Riprodotto grazie ai resti botanici rinvenuti nella tomba, “Afflato nativo” riporta nel mondo della bambina dove erbe native nei luoghi d’origine della famiglia, che sembra arrivasse da zone alpine, convivevano con aromi che riportano al gusto dei romani. Nell’essenza ricreata dominano le note del cirmolo assieme a quelle di ginepro e santoreggia montana, erbe a cui il mondo antico attribuiva poteri benefici ultraterreni.

A seguire visita libera alla sala immersiva multisensoriale.

“Il filo d’amore e sangue” che dà il titolo alla mostra è il confine sottile che lega la vita e la morte di una bambina vissuta a Mutina nel I secolo d.C. e viene raccontato nella mostra immersiva che il Museo Civico di Modena ha proposto in occasione del FestivalFilosofia sul tema Psiche, intesa in questo caso come “soffio vitale”.

L’esposizione affronta il tema del rapporto tra anima e corpo e tra morte e vita, strettamente collegate nel mondo classico grazie ai rituali legati alla cura delle anime, partendo dal rinvenimento nella necropoli che fiancheggiava la via Emilia a est della città, nei pressi dell’incrocio con l’attuale via Cesana, di una sepoltura che conteneva due urne cinerarie appartenenti a una bambina e a una giovane donna.

La tomba era priva di iscrizioni, ma gli oggetti lasciati dai familiari per il viaggio nell’aldilà, esposti nella sala immersiva, rivelano tratti di vita e riportano alla luce affetti e squarci di colori capaci di oltrepassare l’oscurità della morte e del sepolcro.

Le parole della bambina, probabilmente di una famiglia originaria delle regioni pedemontane delle Alpi centro-occidentali, scritte e registrate dalla scrittrice Camilla Prisca Caldarigi della Scuola Holden, che ha collaborato al progetto, danno vita agli oggetti esposti, tra i quali un uovo in pietra, simbolo della rinascita dell’anima e della condizione della bambina la cui vita è stata interrotta dalla morte prematura come un uovo mai dischiuso.

Il visitatore è avvolto dalla suggestione di un videomapping che dialoga con gli oggetti e la narrazione originale della scrittrice Camilla Prisca Caldarigi della Scuola Holden, che ha collaborato al progetto, e, appunto, da un’essenza profumata, come potevano essere quelle contenute nei balsamari.

La mostra si può visitare dal martedì al venerdì, dalle 9 alle 12; il sabato e la domenica dalle 10 alle 19.

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