Riconoscere particolari forme di autonomia solo a fronte di specifiche e dimostrate esigenze delle Regioni richiedenti, compatibili con i principi di unità e uguaglianza della Repubblica. Contestualmente, consentire il pieno e imprescindibile coinvolgimento del Parlamento sul tema dell’Autonomia differenziata, al fine di permettere un approfondito e indispensabile dibattito pubblico nel Paese su scelte che potrebbero determinare anche conseguenze istituzionali, economiche e sociali.
Sono le principali richieste al Governo contenute nell’ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale di Modena, giovedì 2 febbraio, che chiede di assicurare eventuali trasferimenti di materie, dallo Stato alle Regioni, nel rispetto dei principi costituzionali di solidarietà, unità nazionale e sussidiarietà, garantendo il sostegno necessario a quei territori caratterizzati da divari infrastrutturali, economici e sociali.
Il documento, illustrato dalla consigliera Camilla Scarpa (Sinistra per Modena) e sottoscritto da Europa Verde-Verdi, Movimento 5 stelle, Partito democratico e Modena Civica, ha ottenuto il voto a favore anche di Modena Sociale; contrari Lega Modena e Alternativa Popolare.
Rischio di crisi dell’unità giuridica ed economica della Repubblica e complicazioni per l’uguaglianza dei cittadini, in riferimento alla prospettiva di devolvere alle Regioni richiedenti materie di primario rilievo nazionale come scuola, sanità, infrastrutture, ambiente e lavoro. Sono alcune delle parole utilizzate da Scarpa a proposito di un disegno di legge sull’attuazione dell’Autonomia differenziata che consente il riconoscimento di una maggiore autonomia regionale a favore di semplificate procedure amministrative e decisionali. Il progetto di legge, presentato dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, è stato approvato proprio giovedì 2 marzo dalla Conferenza delle Regioni con il voto contrario di Campania, Emilia-Romagna, Puglia e Toscana.
È l’articolo 116 della Costituzione, nello specifico, a prevedere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” per le Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta, attraverso il trasferimento dallo Stato di alcune materie. Tuttavia, Scarpa ha rilevato alcuni aspetti critici dell’applicazione prevista dal documento del ministro Calderoli: “Viene riservato un ruolo notarile al Parlamento senza possibilità d’intervento nell’intesa tra Stato e Regione con il rischio – ha aggiunto la capogruppo – di vedere privato il Governo della potestà legislativa, pure su materie di esclusiva competenza statale”. Scarpa ha evidenziato, inoltre, come il documento consentirebbe di approvare accordi Stato-Regione anche senza la preventiva definizione legislativa degli indicatori dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), “necessari a comprendere quel fabbisogno di diritti civili e sociali che deve essere determinato e garantito, in modo uniforme, sul territorio nazionale”. La consigliera, quindi, ricordando le recenti parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in sede di Assemblea Anci (“occorre rifuggire la tentazione della chiusura territoriale, operando invece per il bene comune, tanto per i cittadini del nord quanto del Mezzogiorno”), ha condiviso le preoccupazioni per un possibile “accentramento regionale a danno delle autonomie locali”.
Scarpa, infine, nell’auspicare il coinvolgimento attivo delle Camere nei confronti di futuri Disegni di legge ordinari sull’autonomia, ha ricordato la proposta di iniziativa popolare per la modifica degli articoli 116 e 117 della Costituzione.
Aprendo il dibattito, Giovanni Bertoldi (Lega Modena) ha puntualizzato che “la proposta è figlia di una parte della Costituzione, dove è ben descritto cosa si intende per autonomia: quindi non c’è niente di scandaloso”. Secondo il capogruppo, “è un valido strumento costituzionale per avvicinare la Pubblica amministrazione ai cittadini, migliorando il controllo sulle spese pubbliche”. Per Stefano Prampolini l’autonomia delle Regioni “è un richiamo alla responsabilità e alla buona capacità amministrativa: l’amministrazione che funziona può diventare esempio e stimolo per le Regioni che funzionano peggio”.
“Siamo contrari a questa autonomia differenziata, non al principio in sé”. A chiarirlo è Giovanni Silingardi (M5s) che ha ribadito come la Costituzione inquadri questa opportunità “ma secondo dei principi di unità e indivisibilità”. Il consigliere ha condiviso quindi “preoccupazione sia per il possibile centralismo regionale, che rischia di esautorare i Comuni dalle tante funzioni, sia per la definizione dei Lep che secondo questo disegno di legge non passano dal Parlamento”.
Per Walter Stella (Sinistra per Modena) “i Lep devono essere garantiti, in egual misura, su tutto il territorio nazionale dallo Stato, che su questo ha legislazione esclusiva”. Il consigliere ha quindi parlato di un pericolo “sperequazione delle risorse che farebbe aumentare ulteriormente il divario Nord-Sud, entrando in conflitto con i principi di solidarietà e unità nazionale”.
Antonio Carpentieri (Pd) ha voluto condividere alcune perplessità avanzate anche dall’Anci: “Viene indicata soprattutto come forte criticità la mancata definizione preventiva dei Lep”. Il capogruppo, specificando che “la contrarietà riguarda questa proposta ma non l’autonomia”, ha ricordato come l’Emilia-Romagna abbia avviato nel 2017 questo percorso “ma con finalità ben diverse: per esempio, era stato subito chiarito come la sanità dovesse restare una prerogativa statale”.
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