Lo sviluppo della tecnologia 5G è oggetto di attenzione e di approfondimenti sia per quanto riguarda le potenzialità e le opportunità che la nuova rete può offrire, sia rispetto alla sicurezza sanitaria e alla tutela della salute dei cittadini, affidate agli esperti di enti e organismi competenti come Arpae, Ausl e Istituto superiore di sanità. Lo ha specificato l’assessora a Città Smart e Politiche economiche Ludovica Carla Ferrari che, nella seduta del Consiglio comunale di oggi, giovedì 16 giugno, ha fatto il punto sull’attivazione della tecnologia 5G a Modena rispondendo a un’interrogazione del Movimento 5 stelle, presentata da Enrica Manenti, sul numero di impianti funzionanti, sui monitoraggi, sulla possibilità di prevedere un numero massimo di concessioni e di emissioni.
Lo sviluppo della nuova tecnologia avviene nell’ambito del 5G Action Plan della Commissione europea, recepito dal Governo italiano già nel 2018, che prevede la copertura totale del 5G entro il 2025 in tutti i Paesi europei: lo standard 5G, infatti, oltre che per la telefonia, si utilizza per controllare a distanza dispositivi e apparecchi e quindi, per esempio, per la domotica, i veicoli a guida autonoma, la gestione del traffico, la telemedicina e le operazioni chirurgiche a distanza.
In questa cornice, ha spiegato l’assessora, si svolgono le attività di valutazione sul 5G alle quali partecipa anche il Comune, come il Tavolo regionale che coinvolge rappresentanti degli enti locali, delle istituzioni sanitarie e degli enti di ricerca. L’amministrazione, inoltre, sostiene le ricerche che UniMoRe ha di recente attivato in materia di 5G e ha inserito un approfondimento con esperti, a carattere divulgativo, nell’ultima edizione di Modena Smart Life. Anche l’Assemblea legislativa della Regione ha adottato una risoluzione per sostenere occasioni di approfondimento scientifico e garantire insieme innovazione e tutela della salute “in linea con quanto previsto dall’ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale per il quale è stato avviato il percorso di attuazione”.
Gli impianti con tecnologia 5G funzionanti a Modena (alla data del 13 aprile 2022) sono 61, mentre sono 51 quelli già autorizzati ma non ancora attivati. L’autorizzazione viene rilasciata dal Comune sulla base degli esiti dell’istruttoria tecnica condotta da Arpae per verificare che i valori stimati del campo elettromagnetico emesso dal nuovo impianto non superino i limiti di legge, che in Italia sono tra i più restrittivi d’Europa: da 20 a 40 Volt/metro, a seconda delle frequenze per il limite di esposizione; 6 V/m per il valore di attenzione (il tetto massimo di esposizione nei luoghi dove la permanenza è superiore alle 4 ore); 6 V/m per l’obiettivo di qualità (stabilito per i luoghi all’aperto intensamente frequentati). I limiti di esposizione si riferiscono a qualunque periodo di 6 minuti nell’arco delle 24 ore, mentre il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità sono intesi come valori mediati nell’arco delle 24 ore. Le previsioni di emissione sono cautelative, vengono effettuate, cioè, ipotizzando la situazione di massimo traffico (per esempio quello della notte di Capodanno) e considerando la propagazione del segnale in campo libero, cioè senza le attenuazioni determinate dalle pareti dei fabbricati e dalla presenza di ostacoli. La valutazione si fa tenendo conto del fondo elettromagnetico, cioè sommando il campo elettrico prodotto dall’impianto in progetto a quello di tutti gli altri impianti emittenti presenti nell’area o ritenuti comunque significativi come influenza nell’area di interesse. Delle 252 pratiche istruite dal 2019, sono 27 quelle che hanno avuto esito negativo. Di queste, 19 riguardavano configurazioni o nuovi impianti e non sono state autorizzate perché Arpae aveva stimato, appunto, il superamento del valore di attenzione.
Una volta autorizzati, gli impianti vengono monitorati attraverso campagne periodiche di misura dei campi elettromagnetici presso i ricettori vicini. Dal 12 aprile, per esempio, è attivo il monitoraggio dei due impianti collocati in via Pancaldi/via Ponchielli. Dal 2008 a oggi, nessuna delle 45 campagne di monitoraggio effettuate ha evidenziato livelli di campo elettromagnetico non conformi ai limiti di legge.
Bisogna anche ricordare che fino al 4G le antenne emettono potenza radioelettrica in modo circolare anche dove non sono presenti terminali. Con il 5G, invece, le antenne indirizzano il fascio verso l’utente solo nel momento dell’utilizzo, riducendo, quindi, la potenza complessiva emessa dal singolo pannello.
L’assessora ha spiegato, infine, che gli impianti di telefonia mobile erogano un servizio qualificato come pubblica utilità e per questo motivo non si può stabilire un numero massimo di installazioni o un tetto massimo delle emissioni, che è fissato dallo Stato con competenza esclusiva.
Dopo aver chiesto la trasformazione in interpellanza, Barbara Moretti (Lega Modena) ha rilevato la “difficoltà dell’amministrazione nel dare seguito all’ordine del giorno approvato dal Consiglio che aveva aperto la strada a un percorso di approfondimento e divulgazione su un tema che presenta molte incognite”. Giovanni Bertoldi ha aggiunto che “il principio di precauzione dovrebbe sempre guidare il nostro operato, invece, ho l’impressione che l’amministrazione più che guidare il cambiamento lo stia subendo. Per esempio, bisognerebbe tenere le antenne il più possibile lontane da scuole e asili e invece non sempre è così”.
Paola Aime (Europa verde-Verdi) ha affermato che “il punto centrale per la tutela della salute pubblica è mantenere il limite dei 6 V/m. Il nostro primo dovere è tutelare la salute e non possiamo permettere che lo Stato ci chieda di essere cittadini responsabili per quanto riguarda la nostra salute e poi prenda decisioni come questa. Dobbiamo decidere se teniamo di più al 5G o alla nostra salute”.
Per il Pd, Antonio Carpentieri ha ricordato che l’ordine del giorno chiedeva di fare divulgazione sul tema “e alcune cose, nonostante la pandemia, sono state fatte, per esempio l’incontro in Modena smart life”. Un secondo tema, riconosciuto nell’odg, è che “la competenza principale sul tema appartiene allo Stato, quella degli enti locali è residuale”.
In replica la consigliera Manenti, apprezzando le iniziative di divulgazione e il controllo di Arpae, ha però sostenuto che l’amministrazione “potrebbe essere meno passivo, per esempio facendo un piano di localizzazione delle antenne e controllando maggiormente il livello delle emissioni a cui siamo sempre più esposti senza sapere quali saranno le conseguenze”.
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