“DeVoti Etruschi” si inserisce nel progetto di riscoperta delle raccolte archeologiche ottocentesche conservate nei depositi del Museo Civico nell’ambito del quale sono già state realizzate la mostra sulla collezione dell’Antico Egitto e quella, appena conclusa, della raccolta di manufatti in selce del Paleolitico francese.
La raccolta delle terrecotte votive etrusche è entrata a far parte del patrimonio del Museo Civico nel 1894, grazie all’interessamento dell’astronomo modenese Pietro Tacchini che propose a Luigi Pigorini, la figura più autorevole della paletnologia italiana di fine secolo, di scambiare le testimonianze raccolte in un suo viaggio intorno al mondo, alle quali Pigorini era molto interessato per il museo romano, con una significativa selezione di ex voto di Veio che sarebbero andati ad arricchire il Museo Civico di Modena.
La mostra è stata preceduta da un articolato progetto di ricerca che, coniugando discipline scientifiche e umanistiche, consente di riscoprire le raccolte ottocentesche del Museo sia sotto il profilo archeologico e storico-collezionistico sia sotto il profilo della diagnostica eseguita con le moderne tecnologie. Lo studio archeologico dei reperti è stato eseguito in collaborazione con Sapienza Università di Roma e affidato alle etruscologhe Laura Maria Michetti e Carla Tulini, co-curatrici della mostra con Cristiana Zanasi, autrice delle ricerche sulle modalità di formazione della raccolta.
Il progetto di mostra è stato l’occasione per ristudiare i reperti sia sotto il profilo iconografico sia attraverso indagini archeometriche che hanno portato significative novità sulla pittura su terrecotte votive grazie alle analisi sulla policromia curate da Andrea Rossi, DI.AR Diagnostica per i Beni Culturali. A partire dall’analisi degli esemplari conservati a Modena, sono inoltre stati indagati aspetti economici e produttivi che hanno aggiunto ulteriori dati alla conoscenza del contesto votivo.
Un ulteriore contributo di grande interesse è stato affidato a una equipe di palopatologi dell’Università di Bologna e del Gruppo Italiano di Paleopatologia, che hanno esaminato gli ex-voto anatomici della raccolta nel quadro più ampio delle patologie presenti nelle popolazioni etrusche e delle conoscenze mediche che avevano sviluppato.
Infine, il progetto risponde anche a un’esigenza conservativa perché ogni raccolta valorizzata viene riposta in deposito dopo l’esposizione nelle migliori condizioni di conservazione. Nello stesso tempo si rinnova e si arricchisce la rete di collaborazioni scientifiche del Museo che apre nuovi orizzonti alla ricerca, crea connessioni fra il patrimonio esposto, quello conservato nei depositi e un archivio di documenti che racconta la storia di un istituto che progressivamente aumenta le sue conoscenze e definisce il suo ruolo fra passato, presente e futuro.
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