Sono intervenuti consiglieri comunali di tutti i gruppi nel dibattito che, durante la seduta del Consiglio comunale di giovedì 11 marzo, ha seguito la presentazione delle otto interrogazioni, trasformate in interpellanze, e dei tre ordini del giorno sul tema dell’alluvione dello scorso dicembre nel territorio modenese.
Aprendo il dibattito, Antonio Baldini (Fratelli d’Italia – Popolo della Famiglia) ha sottolineato che “nonostante la piena non fosse di portata eccezionale, come riportato nella relazione della Regione, ci ritroviamo in una situazione simile a quella del 2014”. Il consigliere ha sollecitato “un risarcimento pieno per cittadini e aziende danneggiate” e ha chiesto di “conoscere la verità su quanto accaduto”, a partire dal fatto “incomprensibile che le casse di espansione non siano ancora state collaudate”. Elisa Rossini ha parlato di “lentezze e mancanze degli enti preposti alla cura del nodo idraulico” come elementi alla base dell’esondazione. La relazione evidenzia anche, ha aggiunto la consigliera, “la fragilità dell’argine, di cui non sapevamo nulla”. Rossini, inoltre, ha sollecitato l’attivazione di un sistema di allerta per i cittadini della Fossalta, “in modo che in caso di alluvione possano mettersi in salvo”.
Per Lega Modena, Beatrice De Maio ha ricordato che a dicembre l’argine si è rotto “nel punto in cui aveva già rischiato di cedere nel 2014: allora era stato compiuto un miracolo che stavolta non si è ripetuto” e, allo stesso tempo, “non è stata fatta un’adeguata manutenzione”. La consigliera ha ribadito “la necessità di intervenire ora, per evitare che simili episodi si ripetano: le calamità si possono limitare, come sarebbe potuto accadere stavolta”. Barbara Moretti, esprimendo dubbi sul loro funzionamento, si è domandata “come sia possibile che le casse di espansione modenesi non siano mai state collaudate”. Richiamando poi l’impegno a “un assiduo monitoraggio dei corsi d’acqua modenesi”, Moretti ha osservato come la corretta pianificazione del territorio passi anche “dal diniego a costruire nelle aree arginali e golenali”. Sullo stesso tema, Giovanni Bertoldi ha domandato se all’interno delle casse di espansione siano presenti terreni edificati e aree agricole, “che potrebbero rappresentare un limite quando si presenta la necessità di attivare queste opere idrauliche” e ha sollecitato “coordinamento tra gli enti che si occupano della gestione dell’equilibrio idrogeologico”.
“Oggi – ha affermato Piergiulio Giacobazzi (Forza Italia) – i fiumi modenesi non sono in sicurezza nemmeno quando sono stressati da piene di medio livello come quella del 6 dicembre. Figuriamoci per gli eventi più gravi”. Definendo la situazione del nodo idraulico “inadeguata”, il consigliere ha precisato che “negli anni la politica ha sottovalutato il problema dei fiumi, come dimostra il fatto che i finanziamenti per i progetti più strutturati di intervento sui corsi d’acqua sono legati al Recovery fund”. Nel frattempo, ha chiuso Giacobazzi, “i modenesi ogni volta contano i danni, mentre i risarcimenti latitano”.
Katia Parisi (Modena Civica) ha sottolineato l’urgenza di “attivare ogni azione possibile per velocizzare i tempi per indennizzare tutti i cittadini che hanno subìto danni”, a cui dovrà seguire “l’aumento dei fondi destinati ai lavori straordinari necessari per mettere finalmente in sicurezza il nodo idraulico modenese”. Per Parisi, inoltre, bisogna accertare le ragioni dell’esondazione” per dare risposta “su eventuali inadempienze”.
“Presidio, previsione e pianificazione, prevenzione – ha detto Vincenzo Walter Stella (Sinistra per Modena) – sono le parole chiave per la gestione della sicurezza del nodo idraulico”. Concordando sulla necessità di doversi muovere “a ogni livello istituzionale per tenere alta l’attenzione su un problema collettivo”, Stella ha sollecitato “interventi preventivi sui fiumi e sulle opere correlate”, anche attraverso l’uso di strumenti tecnologici, e suggerito “coordinamento tra Comuni coinvolti nel nodo idraulico”.
Per il Pd, Antonio Carpentieri ha precisato che gli interventi degli ultimi anni sull’argine del Secchia “hanno evitato ulteriori esondazioni”, dopo quella del 2014, ricordando che “la cassa di espansione del Panaro ha funzionato bene permettendo di contenere il livello del fiume a valle”. Carpentieri ha sollecitato una legge nazionale che preveda per i cittadini “la copertura dei danni al 100 per cento”. Anche Stefano Manicardi ha ribadito che l’innalzamento degli argini ha impedito l’esondazione per superamento “impedendo ulteriori danni”. Il consigliere ha poi rilevato che il piano delle opere sul nodo idraulico di Modena “è lungimirante e ha una visione d’insieme”. Diego Lenzini ha ricordato che dopo l’alluvione del 2014 “sono stati realizzati interventi significativi per migliorare la situazione del nodo idraulico modenese”, anche con le attività di manutenzione straordinaria che hanno migliorato anche lo stato delle casse di espansione: “La cassa del Panaro è stata di fatto collaudata con l’ultima piena – ha affermato – visti i livelli di oltre 11 metri di acqua raggiunti”, e ha aggiunto che la cura degli argini, “a cui saranno dedicati tempo e risorse”, resta prioritaria.
Enrica Manenti (Movimento 5 stelle) ha chiesto di dare concretezza ai risultati della Commissione d’indagine della Regione, “in particolare la valutazione della struttura dell’argine del Panaro, che appare poco solida. Non basta alzare le sponde, è opportune rinforzarle in conseguenza di un’analisi storica e geofisica”. Più in generale, la consigliera ha auspicato che il Comune attui politiche di riduzione del consumo del territorio, per limitare le “conseguenze sul nodo idraulico” e per essere coerenti con gli interventi di salvaguardia ambientale”.
“Occorre una riconversione ecologica dell’economia per una maggiore sostenibilità ambientale” ha detto Paola Aime (Verdi) per la quale i primi interventi sul territorio, secondo la consigliera, dovrebbero partire dalla montagna, “con un rimboschimento dei versanti utile a ridurre la violenza dell’acqua e la discesa di limi e ghiaia”, mentre a valle servirebbe la stipula di “un patto tra città e campagna, favorendo negli spazi rurali la nascita di aree dove i fiumi si possano espandere in maniera sostenibile, tutelando ovviamente chi lavora in agricoltura”.
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