Si presenterà alla città all’insegna dell’arte il recupero del complesso di San Paolo a Modena, che anche per il suo futuro, a partire dalla auspicata ripresa post Covid, si affiderà innanzi tutto alla cultura, tra attività espositive e altre iniziative sulle quali è al lavoro l’Amministrazione. Decori e pitture del Seicento, attribuiti all’artista modenese Giovanni Battista Codebue, sono infatti stati riportati alla luce dai lavori e saranno oggetto di ulteriori studi e approfondimenti storico – artistici, mentre con la regia dei Musei civici si sta realizzando una visita guidata virtuale che permetterà di scoprire le bellezze ritrovate, in un momento che ancora non consente di farlo di persona per il rispetto delle misure sanitarie di contrasto alla pandemia.
Con il recupero degli spazi suggestivi della ex Chiesa e dell’ex Oratorio nel complesso San Paolo in centro storico, si riconsegna alla comunità una testimonianza di grande valore artistico e culturale, che si aggiunge ai tesori della città di Modena.
La Chiesa di San Paolo è citata per la prima volta nel 1192 dal cronista modenese Tassoni che annota “facta fuit Ecclesia S. Pauli” e fu consacrata dal Vescovo Alberto Boschetti nel 1262; l’ex Oratorio, la cosiddetta Sala delle Monache, fu costruito negli anni 1603-1605 quando le monache affidarono a Raffaele Rinaldi detto “il Menia” la progettazione della nuova chiesa parrocchiale esterna, del campanile e della chiesa interna a uso esclusivo delle monache. Durante i lavori di restauro conservativo, nelle pareti della Sala delle Monache è stato riportato alla luce il tessuto pittorico e decorativo seicentesco originario, ottimamente conservato sotto lo strato superficiale risalente all’Ottocento. Nel corso di almeno sei secoli di storia, infatti, il complesso di edifici del San Paolo è stato oggetto di un susseguirsi di interventi di adeguamento finalizzati alle necessità d’uso che di volta in volta si presentavano. L’attribuzione delle opere pittoriche si ascrive all’artista Giovanni Battista Codebue (Modena 1561 – 1606), tra i maggiori rappresentanti del tardo manierismo modenese, a cui è attribuita anche la perduta pittura nell’ovato centrale della volta, raffigurante la Vergine Maria, e le quattro statue di terracotta, tuttora nelle nicchie, rappresentanti Sant’Agostino, San Geminiano, San Pietro e San Paolo.
I locali torneranno fruibili ai modenesi e ospiteranno, appena si potrà, attività espositive ed eventi all’insegna della cultura. In particolare, le sale saranno utilizzate per mostre in corso di programmazione da parte del Comune.
Ancora nell’impossibilità di svolgere attività in presenza del pubblico a causa della pandemia, sarà comunque possibile apprezzare e scoprire online le bellezze che il restauro ha rivelato attraverso una visita guidata a più voci realizzata a cura dei Musei civici. La visita, filmata in Chiesa e nell’oratorio, sarà accessibile su social e siti web. A condurla sono gli esperti che hanno progettato e seguito i restauri: l’architetto Micaela Goldoni di Politecnica e l’architetto Lucio Fontana. Con loro anche chi studierà il ciclo decorativo dei primi anni del Seicento attribuito al Codebue: Sonia Cavicchioli, docente dell’Università di Bologna, e chi ha seguito gli scavi archeologici che documentano la fase medievale più antica del complesso, Mauro Librenti.
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