“Una sopraffazione della rappresentanza legale a Modena”. Così Giorgio Pighi ha definito le vicende che, nel 1921, portarono alle dimissioni del sindaco Ferruccio Teglio e allo scioglimento del Consiglio comunale, nel corso dell’intervento che ha tenuto oggi, giovedì 12 novembre, in Consiglio comunale, nell’ambito della commemorazione del primo sindaco socialista modenese.
Pighi, sindaco di Modena dal 2004 al 2014, ha sottolineato il valore di tenere la celebrazione proprio “nel contesto istituzionale del Consiglio comunale, l’istituzione che subì la ferita del forzato silenzio che segnò in modo penetrante la sua storia, come ben ricordano la lapide collocata nell’aula consiliare e quella sopra lo scalone a ricordo di Ferruccio Teglio il galantuomo sfortunato, che la subì tragicamente in prima persona”.
Nel suo intervento, Pighi ha ricostruito il percorso politico e personale di Teglio, iscritto giovanissimo al partito socialista, dove la figura di spicco era il finalese Gregorio Agnini che lo indirizzò verso il primato di una spinta riformatrice che prevaleva su tutto e la ricerca di accordi e soluzioni politiche “che andassero oltre lo scontro, per costruire e, ove necessario, ricomporre quadri politici praticabili, che mettessero le istituzioni in condizioni di funzionare”.
Teglio, come sindaco, aveva come temi qualificanti l’igiene, la scuola, il lavoro e le finanze, con progetti tesi alla protezione sociale delle fasce deboli della popolazione, “in un quadro ideale di guida della protesta popolare, di proclamazione di ideali di libertà e giustizia sociale con particolare riguardo alle condizioni misere dei braccianti agricoli”. Temi, ha spiegato Pighi, concretizzati fin dai primi provvedimenti deliberativi che furono indirizzati a rendere pienamente gratuita l’istruzione pubblica, realizzare forme di protezione sociale per i lavoratori e i poveri, avviare opere pubbliche che favorissero il miglioramento igienico riducendo alcune spese ed elevando alcune tariffe. Rilevanti anche gli inserimenti dei bambini con menomazioni fisiche e sensoriali nelle scuole, l’istituzione di mense e di biblioteche popolari, l’aiuto alle persone in disagio economico.
“Giusto il tempo di iniziare – ha sottolineato Pighi – perché dal gennaio 1921 non fu più possibile convocare il Consiglio comunale per la mancanza delle condizioni di ordine pubblico, a causa delle continue incursioni e intimidazioni delle squadre fasciste, fino a quando il sindaco Teglio rinunciò alla carica il 10 aprile 1921. Lo stesso Teglio fu messo sotto scorta, stante il continuo tentativo di linciaggio delle camicie nere”.
Le dimissioni di Teglio furono conseguenza anche della proposta di un Patto di pacificazione, da parte di Giovanni Giolitti, che prevedeva la cessazione delle violenze a fronte della dimissione dei sindaci socialisti. Teglio, ha spiegato Pighi, si dimise a patto non ancora firmato “per favorire il ritorno a un confronto democratico”. Di fatto, però, il Patto non trovò mai applicazione e, con la salita al potere del Partito nazionale fascista, Teglio venne schedato come “diffidato politico”, cioè persona formalmente invitata, ai sensi delle leggi sulla pubblica sicurezza, a non prendere parte a iniziative pubbliche, e come “catturando”, cioè persona che poteva essere privata della libertà personale, per ordine del questore, in particolari occasioni che presentassero problemi di ordine pubblico. Teglio subì disagi, ritorsioni, minacce; fu licenziato dalla banca e nel 1938 scelse l’esilio in Francia e poi, a seguito dell’occupazione nazista, in Svizzera poiché era di famiglia ebrea. Rientrato in Italia dopo la guerra, fu membro del Partito socialista unitario e a Modena, da vicepresidente dell’Eca-Istituti ospedalieri, collaborò alla decisione di costruire il Policlinico in via del Pozzo.
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