13/07/2018

PIANO DI ZONA / 4 – IL DIBATTITO IN CONSIGLIO COMUNALE

Muzzarelli: “Azioni per oltre 100 milioni all’anno per non lasciare indietro nessuno. Ma il governo metta risorse”. Urbelli: “Sostegno ad anziani e giovani per un patto generazionale”

“Con il Piano di zona, Modena investe oltre cento milioni di euro all’anno per il prossimo triennio per affrontare il tema della sicurezza e della coesione sociale senza lasciare indietro i più deboli, combattendo disuguaglianze e solitudine, promuovendo i valori della solidarietà e della giustizia sociale”. Lo ha detto il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli intervenendo nel dibattito che ha accompagnato l’approvazione del nuovo Piano di zona per la salute e il benessere 2018-2020 del Distretto di Modena. Le azioni, ha detto il sindaco, riguardano soprattutto il lavoro e la buona occupazione “perché solo con il lavoro e con i diritti si risponde strutturalmente alla domanda di dignità delle persone”; le politiche di welfare e in particolare con il diritto alla casa, “sui quali i Comuni sono al limite delle loro risorse e sarebbe doveroso che il Governo fornisse le risorse necessarie”; l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati “senza le quali si va verso un immenso passaggio alla clandestinità”; il contrasto alla povertà, “come il reddito di inclusione per il quale il governo dovrebbe trovare i fondi invece di pensare a misure nuove per le quali non si vedono le coperture”.

Dai dati che fotografano la situazione modenese emerge l’invecchiamento della popolazione e sono molte le azioni per l’assistenza agli anziani previste nel Piano, ma a fronte di questo, ha sottolineato l’assessora al Welfare e Sanità Giuliana Urbelli, il Piano “investe moltissimo sulla maternità, sui bambini e sui giovani, provando a spostare risorse sui giovani per costruire un patto generazionale. In questo ambito le azioni a contrasto della povertà, nelle sue diverse forme, sono forse la sfida maggiore che abbiamo affrontato”. L’assessora ha quindi evidenziato anche gli investimenti “nella formazione dei dipendenti dell’ente perché possano seguire al meglio i cittadini che beneficiano dei sostegni e ai quali si chiede una responsabilizzazione. La discussione – ha concluso – deve ripartire da un deciso investimento sulla spesa sociale che spero il nuovo governo sappia cogliere”.

Aprendo il dibattito per il Pd Giulia Morini ha osservato che “rispondere ai bisogni delle persone è un compito inesauribile per il quale, anche se Modena offre già tanto in termini di servizi, si vorrebbe fare sempre di più. Sarebbe bene però – ha aggiunto – che questa attenzione in più ci fosse anche a livelli di governo più alti del nostro mentre nel programma del Governo su questi temi c’è il vuoto”. La consigliera ha inoltre sottolineato il metodo di costruire ponti senza lasciare indietro nessuno “come la miglior risposta a chi, sedendo al governo e agitando dati fasulli prova a dirci che, dopo gli stranieri, dobbiamo proteggerci dai matti, pericolosi se lasciati a piede libero”. Grazia Baracchi ha messo in evidenza il metodo partecipativo adottato per l’elaborazione del Piano: “La partecipazione – ha detto – è bella ma non semplice ci vogliono tempo e la disponibilità, da parte di tutti, a negoziare per arrivare a idee condivise. Il lavoro che è stato fatto è quindi molto importante”. La consigliera ha portato l’attenzione anche sulle azioni previste per i primi mille giorni di vita, poiché “il sostegno alle famiglie è fondamentale per non pregiudicare il futuro dei bambini”, e sui progetti per l’adolescenza visto che “sono in aumento i minori con problemi sui quali la scuola è impotente e che sono gravemente a rischio di esclusione”.

Gli obiettivi che il Piano pone sulla violenza di genere sono stati al centro dell’intervento di Caterina Liotti che ha ricordato che i dati sulla violenza sono molto preoccupanti e affermato l’importanza di dedicare al tema attenzione e risorse. “Molte delle azioni contenute nelle schede – ha detto la consigliera – prevedono la collaborazione del terzo settore che ha un ruolo importante. Sono quindi preoccupata dal disegno di legge del governo per dilazionare le norme attuative della riforma del terzo settore, ritardo che bloccherebbe anche le azioni che vogliamo realizzare a Modena”. In dichiarazione di voto, Tommaso Fasano ha sottolineato che il Piano “fornisce gli strumenti per garantire il maggior coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti e attuare l’integrazione tra sociale e sanitario, uno degli elementi su cui investire per ottenere che le persone siano prese in carico nel loro complesso. Il Piano prevede inoltre – ha aggiunto degli indicatori che permettono di verificare la bontà degli interventi attuati e cerca, con una modalità innovativa come il Community Lab, la partecipazione attiva dei cittadini per individuare le risposte ai bisogni della comunità”.  

Per il M5s, Elisabetta Scardozzi, ha affermato che “molti degli intendimenti del piano sono condivisibili ma emergono numerose criticità, prima tra tutte la difficoltà a mettere in pratica un’offerta così vasta. Il Piano poteva osare di più – ha proseguito la consigliera – dando risposta alle attese dei cittadini per i servizi sanitari e per i servizi per l’impiego. Ma avremmo voluto trovare anche maggiore attenzione alla prevenzione e alla salute pubblica, alla salubrità del territorio, dell’aria, dell’acqua, del cibo e degli ambienti di lavoro. La promozione di sani stili di vita, la progressiva chiusura di fonti di inquinamento come gli inceneritori. Il potenziamento dell’informazione e del coinvolgimento dei cittadini, una selezione basata sul merito per il direttore generale attualmente di nomina politica”. Per Marco Bortolotti il Piano presenta molti aspetti positivi ma realizzare le azioni multilivello e multifunzione previste richiede una direzione strategica “che in questo piano può invece diventare un limite invalicabile: una rete non è solo collegamento tra persone ma risorse, spazi e un unico obiettivo per cui lavorare. Puntare in alto va bene ma bisogna essere concreti: lavorare con i cittadini è faticoso e deve essere mantenuto nel tempo, il piano va commisurato con la forza che abbiamo per realizzarlo. Molto sfidante, ma quello precedente lo era meno e molti obiettivi non sono stati raggiunti”.  

Domenico Campana, Art.1-Mdp-Per me Modena, si è concentrato sul livello dell’istruzione, riportato nelle premesse del piano, in quanto “strettamente collegato ai livelli di salute e di benessere: più è elevato il livello di istruzione, maggiore è la capacità delle persone di progettare la propria vita a livelli migliori di sicurezza per la salute. Ma – ha proseguito – rimane molto forte la disuguaglianza sia nell’accesso a livelli alti di istruzione, sia nella distribuzione delle competenze. È quindi necessario intervenire per rimuoverla, con ricadute positive non solo sulla vita delle persone ma anche sul servizio sanitario e sociale”. Per Paolo Trande partire dalla fotografia della realtà, come fa questo Piano, “è la base per la sua efficacia. Poi servono capacità di costruzione, di interagire come sistema territoriale complessivo, ma soprattutto risorse: negli ultimi anni le risorse nazionali per welfare e salute nazionali sono diminuite. Noi abbiamo fatto i salti mortali per mantenere il budget e raggiungere l’obiettivo politico irrinunciabile della coesione sociale. Ma bisogna che il tema sia posto con forza e che chi è al governo lo assuma a propria volta”. Marco Malferrari ha concentrato il suo intervento sul welfare aziendale come espressione del “rischio di far leva su una difficoltà economica del sistema sanitario per incentivare, anche da parte degli ultimi governi, iniziative di soggetti che si sostituiscono al pubblico, con il pericolo che, dopo decenni in cui si è faticosamente arrivati al sistema sanitario nazionale universalistico si ritorni al passato. Il welfare aziendale si sta diffondendo, ci sono soggetti privati ben strutturati che si aggiungono fette di mercato e si rischia che in prospettiva abbiano una forte capacità di indirizzo delle politiche sanitarie nazionali, garantendo, tra le altre cose, maggiormente i dipendenti delle aziende più forti a scapito degli altri”.

Per Giuseppe Pellacani, Energie per l’Italia, il Piano è “ampio, ambizioso e complesso. Chi lo ha scritto ha dovuto ovviamente farlo all’interno di una disciplina normativa regionale e nazionale ma nel Piano c’è molto intervento pubblico e poco ricorso al privato e abbiamo già visto che in Italia l’intervento pubblico mostra spesso grandi inefficienze”. I temi a cui prestare particolare attenzione per il consigliere sono “la stratificazione su diversi livelli degli strumenti per combattere la povertà e il monitoraggio del percorso: molti interventi chiedono responsabilizzazione del destinatario e la condizionalità sconta un deficit in termini di effettività del controllo”.

Secondo Adolfo Morandi, FI, il disagio e la povertà sono dovuti anche “al peso delle tasse e a quello della burocrazia, ma nessuno è ancora riuscito ad arrivare a una revisione della spesa pubblica che riduca la tassazione e dia nuovo slancio all’economia. I cittadini sono in difficoltà e richiedono sempre di più l’assistenza del sistema pubblico, il Piano è complesso e articolato e prova a rispondere ai bisogni dei cittadini ma è un criterio che non può essere portato avanti all’infinito”. Il consigliere ha affermato che “è giusto investire sull’educazione alla genitorialità e alla famiglia”, mentre sul tema dell’assistenza agli anziani “occorre fare di più”, come bisogna intervenire per ridurre le liste d’attesa per gli esami “e non costringere i cittadini a rivolgersi ai privati”.

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