Il rischio di un progressivo calo della popolazione, con nascite in diminuzione, morti in crescita, un tendenziale incremento della componente anziana, saldi migratori esteri indeboliti e nuovi saldi migratori interni che descrivono quadri territoriali competitivi.
È lo scenario demografico futuro del Comune di Modena delineato dallo studio di Cresme ricerche spa che è stato illustrato dal responsabile della ricerca Lorenzo Bellicini nella seduta del Consiglio comunale di giovedì 16 marzo.
L’illustrazione dello studio in Aula, preceduto da un’introduzione dell’assessora all’Urbanistica Anna Maria Vandelli, rappresenta il primo incontro del percorso verso il nuovo Piano urbanistico, aperto e partecipato, che coinvolgerà il Consiglio comunale, i Quartieri, i rappresentanti delle professioni e delle categorie economiche, le associazioni culturali e ambientaliste, la generalità dei cittadini, con l’obiettivo di sviluppare il confronto in vista della costruzione del Piano. Un focus particolare sarà rivolto ai giovani attraverso le scuole, i laboratori dei quartieri e un bando per giovani progettisti; in quanto saranno le nuove generazioni ad avere il compito di attuare alcune significative trasformazioni urbane e di stile di vita. Il prossimo approfondimento, relativo alla proposta di legge urbanistica regionale di cui Modena si candida a fare la prima applicazione con il proprio Piano urbanistico, è già stato fissato in Commissione consiliare Seta per il 28 marzo.
Sulla base dell’attuale andamento demografico, lo scenario stimato al 2025 vede un rapido invecchiamento della popolazione, un rovesciamento della piramide generazionale, con 59 mila abitanti oltre i 60 anni, 53 mila tra i 40 e i 59, 40 mila tra i 20 e i 39 e solo 35 mila con meno di 19. A cui corrisponderà anche una forte estinzione delle vecchie famiglie che verranno sempre meno compensate dalle nuove, creando un problema di sostituzione dei nuclei familiari. Debole anche il quadro previsionale demografico: nell’ipotesi massima, l’aumento della popolazione residente nel comune capoluogo al 2025 sarà pari al 3,2 per cento (circa 191 mila abitanti), in quella media dell’1,4 per cento, e in quella più bassa si registrerà un calo dello 0,2 per cento.
“Per il futuro della nostra città – ha affermato l’assessora Vandelli avviando l’approfondimento su “Popolazione e lavoro nel futuro di Modena” – rifiutiamo modelli che richiamino la decrescita, sinonimo di declino urbano, degrado, impoverimento della classe media e aumento delle disuguaglianze. Gli obiettivi che ci poniamo di raggiungere nell’orizzonte temporale di qui al 2030, con il futuro Piano urbanistico, sono la crescita economica e delle opportunità di buon lavoro; lo sviluppo di una città sempre più attrattiva, per i giovani, universitaria e dell’innovazione, senza espansioni diffuse ma orientata a essere una città compatta, che punta al trasporto pubblico e alla mobilità sostenibile. Respingiamo l’idea di un invecchiamento e di una riduzione progressiva della popolazione residente a Modena – ha proseguito – e per contrastare questa tendenza dovremo attivare ulteriori politiche, innanzitutto interrompendo in modo massiccio l’esodo verso i comuni confinanti registrato a partire dagli anni ’80 e provando al contrario a invertire i flussi. Modena non può essere la città dei soli servizi e delle infrastrutture per chi abita fuori: occorre rimettere in equilibrio il rapporto infrastrutture e abitanti effettivi”. Obiettivo del Piano, spiega l’assessora, dovrà essere quindi la riduzione della disoccupazione e la crescita economica: “La città – ha proseguito – dovrà continuare a sviluppare tutti gli assi infrastrutturali, materiali e non, funzionali a questo obiettivo, così come è necessario alimentare le infrastrutture necessarie alla condivisione dei saperi e delle conoscenze: internet, banda larga, fibra ottica. Bisogna puntare sulla formazione e sui giovani, mettendo al centro l’Università e i luoghi della conoscenza, creando spazi per la diffusione della cultura e la sua condivisione. Tutto questo – ha precisato l’assessora – senza che lo sviluppo sia sinonimo di espansione urbana in zona agricola: un altro modello è possibile. La rigenerazione e la riqualificazione degli spazi anche solo parzialmente degradati o abbandonati diventa l’oggetto primario della pianificazione e occorre intercettare ogni possibile potenziale di innesco”. Vandelli ha inoltre ricordato che “con il Piano urbanistico dovremo dare risposta a temi come inquinamento, resilienza, adattamento ai cambiamenti climatici e sostenibilità ambientale, economica e sociale. È necessario stipulare un patto collettivo – ha concluso – che richiede coerenza individuale e di gruppo e che induca a cambiare gli stili di vita”.
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