La concessione della cittadinanza onoraria al giudice Antonino Di Matteo è stata approvata con voto unanime dell’assemblea nella seduta del Consiglio comunale di Modena di lunedì 2 marzo, nell’occasione sono state consegnate simbolicamente al giudice anche le chiavi della città.
Aprendo gli interventi Antonio Montanini, di CambiaModena, dando il benvenuto al “concittadino DI Matteo, partigiano della legalità”, ha osservato che “al nord c’è ancora una visione distorta delle mafie, percepite dai cittadini comuni come distanti. Sono invece drammaticamente reali, presenti e capaci di permeare territori considerati tradizionalmente laboriosi, onesti e tranquilli. In particolare dopo il disastroso terremoto, si dovrà ulteriormente alzare il livello di guardia contro l’illegalità con un impegno straordinario e condiviso che coinvolga tutte le parti sociali: istituzioni, imprese, cittadini”.
Per Marco Cugusi di Sel Di Matteo “è un esempio di coraggio, verità e giustizia di cui tutti abbiamo bisogno per contrastare il fenomeno mafioso, che si nutre di silenzio. Della mafia invece occorre parlare, dobbiamo nominarla, conoscerla, sapere come agisce perchè nessuno deve pensare che si possa conviverci. L’atto di oggi assumerà ancora più valore quando noi amministratori, del Comune di Modena e di tutto il territorio, avremo attivato una stazione unica degli appalti della pubblica amministrazione, istituito un osservatorio provinciale contro la criminalità organizzata, contrastato l’illegalità diffusa in ogni sua forma e adottato come codice etico la carta di Avviso pubblico”.
Per Luigia Santoro di Ncd “non bisogna dimenticare la straordinaria lezione di Giovanni Falcone il quale sosteneva che, come tutte le cose terrene, la mafia ha un inizio, uno svolgimento e una fine, quindi non è affatto invincibile se viene combattuta con determinazione. Le istituzioni e la politica non possono e non devono dividersi nel combattere questa piaga. In questo impegno non bisogna correre il rischio di generalizzare, dipingendo regioni come la nostra, un tempo immune da questo cancro, come se oggi ne fosse totalmente subalterna perché per fortuna da noi il fenomeno è ancora circoscritto e con l’impegno di tutti, eliminabile”.
Adriana Querzè di Per me Modena ne ha sottolineato il valore sostanziale e non solo simbolico. “Le attività di controllo e repressione del fenomeno mafioso – ha detto la consigliera – hanno fatto grandi passi, ma occorre che la politica non si tiri indietro e che agisca sulla lotta alle povertà e alle disuguaglianze. Nessuna nuova generazione infatti potrà mai imparare a contrastare il fenomeno mafioso se dovrà vivere ancora sulla propria pelle la negazione dei diritti all’istruzione prima e al lavoro poi. È giusto educare i ragazzi alla legalità e spingerli a una cittadinanza responsabile ma è necessario che la politica intervenga per mettere la scuola italiana davvero nelle condizioni di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
Per Forza Italia, Giuseppe Pellacani, che ha ricordato anche la sua esperienza con Marco Biagi ha sottolineato l’importanza del servizio allo Stato di Di Matteo al quale dedica la propria esistenza, con coraggio e senza paura. Il consigliere ha puntato l’attenzione sulle Forze dell’ordine alle quali “la politica da troppi anni dedica una non sufficiente attenzione. Nel corso di questi anni un susseguirsi di leggi, che andrebbero meditate con maggiore attenzione, hanno fatto sì che chi delinque possa uscire di galera troppo presto”.
Marco Bortolotti di M5s ha affermato che “la battaglia che il giudice Di Matteo combatte ogni giorno appartiene a tutti noi. In particolare a noi amministratori che abbiamo la grandissima responsabilità di rappresentare tutti i cittadini. Ma deve appartenere anche a tutta la società civile che può fare tanto dove invece non possono arrivare le forze dell’ordine e i magistrati: strappando il pesante velo di indifferenza che ha un peso tale che il nostro Paese non può più sopportarlo; ritrovando la sana indignazione verso una dilagante corruzione dovuta soprattutto alla perdita di quei principi e quei valori che dovrebbero essere invece le fondamenta di una società che voglia essere non solo civile ma umana”.
Paolo Trande per il Pd ha ricordato che “siamo nel bel mezzo di un’inchiesta di mafia che ha dimostrato in modo eclatante quello che già sapevamo, che le mafie sono ormai, da anni, un problema anche in queste terre che per lungo tempo si erano mostrate resistenti alla cultura e alle pratiche mafiose. Ma so che questa città e questi territori troveranno la forza e i modi per opporsi alle mafie, alla corruzione e all’illegalità in genere. Come ente, abbiamo già cominciato anni la formazione e definizione di presidi come l’uso prevalente dell’aggiudicazione degli appalti con il metodo dell’offerta economicamente vantaggiosa e non al massimo ribasso e continueremo in questa direzione”.
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