L'amore ai tempi dei romani, a partire dalla “Tomba degli amanti” risalente al VI secolo e tornata alla luce, fino agli approfondimenti sulle scene erotiche che adornavano le lucerne rinvenute nelle necropoli. Prendono spunto dalla mostra in corso, “Mano nella mano: reperti di un amore oltre la morte”, tre degli incontri del ciclo "Passioni d'amore: autunno al palazzo dei Musei". “Mano nella mano: reperti di un amore oltre la morte”, promossa dal Museo civico archeologico di Modena assieme alla Soprintendenza per i Beni archeologici e all'Università di Bologna, è allestita nel Lapidario romano (largo Porta Sant'Agostino 337), aperto con ingresso gratuito da lunedì a venerdì dalle 8 alle 19, sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.
Dopo l'itinerario guidato "I romani e l'amore", domenica 13 ottobre alle 17 al Lapidario Estense, domenica 27 ottobre alle 17 Donato Labate della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna converserà con Silvia Pellegrini del Museo civico archeologico di Modena e Antonino Vazzana del Dipartimento Beni culturali dell'Università di Bologna sul tema della mostra. Domenica 17 novembre sarà sempre Labate a introdurre il tema "Lucerne con scene erotiche dalle necropoli di Modena romana: tra ritualità della morte e piacere della vita", accompagnato dall'archeologa Anna Fedele e dalla voce recitante dell'attrice Lina Velardi. In occasione dell’incontro saranno esposte le lucerne con scene erotiche della raccolta del Museo archeologico.
"Mano nella mano", aperta fino al 24 novembre, ricostruisce la storia della "Tomba degli amanti" e della giovane coppia che vi è sepolta. Le analisi condotte da una èquipe di archeologi e antropologi hanno fatto luce sulla loro storia e su quella di altri membri della loro comunità sepolti tra V e VI secolo alle porte di Mutina. L’uomo e la donna furono collocati insieme nel sepolcro dopo la morte, avvenuta per entrambi all’età di circa 30 anni. Al momento della deposizione le mani dei due defunti furono intrecciate, sovrapponendo la mano della donna a quella dell’uomo. I familiari, con questo gesto, simbolo di amore, vollero forse sigillare per sempre all’interno del sepolcro l’affetto che li aveva uniti in vita. Le analisi antropologiche non hanno restituito elementi in grado di chiarire le cause della morte. Dal momento che non sono state trovate evidenze che possano ricondurre a una morte violenta, si può pensare ad una malattia che colpì entrambi.
Il ritrovamento di due defunti sepolti contemporaneamente all’interno di un solo sepolcro, tuttavia, potrebbe essere anche indizio di pratiche rituali che comportavano il sacrificio della donna in seguito alla morte dell’uomo, attestate anche in epoca tardoantica. Il sepolcreto nel quale si trovava la tomba della coppia accoglieva anche altri membri della comunità. La parte principale della necropoli era riservata a sepolcri di uomini feriti a morte da colpi di spada, forse nel tentativo di difendere le loro case e le loro famiglie, e per questo onorarti come eroi. Non è ancora possibile precisare l’origine di questa comunità, che alcuni elementi, quali ad esempio il rituale funerario, farebbero supporre di origine germanica.
Ricostruzioni virtuali dell’importante ritrovamento, inquadrato nello scenario di questo settore della città tardoantica, sono proposte in un video curato dal Museo Civico archeologico etnologico di Modena in collaborazione con Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna. Un giornale di mostra è in vendita a 1 euro alla reception del palazzo dei Musei.
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