01/10/2013

LA SIRENA DI MODENA IN MOSTRA AL BUONCONSIGLIO DI TRENTO

L’animale fantastico della collezione dei Musei civici è stato prima esposto a Zurigo. Arrivò in città, donata da Pietro Sghedoni, nel 1875. Niente a che vedere con Andersen

Ora è in trasferta, ospite al castello del Buonconsiglio, ma ha la residenza a Modena, la sirenetta che è esposta Trento. Dal 1875 “abita”, infatti, una teca del Museo civico archeologico di largo Porta Sant’Agostino, al quale fu donata dal nobiluomo Pietro Sghedoni, che la diede al primo direttore Carlo Boni. Richiesta dal Landesmuseum di Zurigo in occasione della mostra “Animali reali e fantastici dall’antichità all’epoca moderna”, la sirenetta modenese ha viaggiato dapprima fino a Zurigo. E ora sarà a Trento fino al 6 gennaio 2014, dove l’esposizione zurighese è riproposta con il titolo “Sangue di drago, squame di serpente. Animali fantastici al castello del Buonconsiglio”. L’inquietante immagine della sirenetta modenese, già “protagonista” in mostra anche a un’edizione del festival filosofia, è parte integrante della promozione dell’evento, che fa scoprire - attraverso affreschi, dipinti,  sculture, arazzi e  preziosi oggetti d’arte -  un mondo  fatto di unicorni, draghi, centauri, grifoni, basilischi, sfingi, serpenti e animali fantastici e inconsueti che ricorrono costantemente nella mitologia.

Denti aguzzi da roditore e artigli da rapace, la sirena modenese ha un aspetto maligno: niente a che vedere quella dell’immaginario collettivo che si avvicina invece all’elegante creatura descritta da Andersen (per non dire di quella di Disney). Delle caratteristiche comunemente riconosciute alle sirene ha soltanto una coda di pesce. Le rimanenti patri del corpo sono realizzate in gesso.

Quando Carlo Boni, ricorda la donazione della piccola sirena la descrive come “imitazione, forse fatta da mano indiana, del noto mostro favoleggiato dai nostri poeti classici”, dimostrando di essere pienamente consapevole di avere a che fare con un manufatto creato dall’uomo.

Una fotografia di piccolo formato che la immortala come “una signora in posa” nell’ovale tipico delle “carte de visite” reca il cartiglio del fotografo parigino C. Lebert di Rue de Sevres 21, non lasciando dubbi sulla sua provenienza dal mercato antiquario francese. La piccola sirena arriva a Modena intorno al 1875 corredata, a guisa di certificato di autenticità, di ritagli di giornali degli anni ’20 e ’30 che riportano notizie di avvistamenti e recuperi di essere simili al nord della Cina e nel Mar di Marmara. Forse c’era, da parte di chi l’aveva venduta, l’intenzione di convincere sulla reale esistenza di queste creature o, più verosimilmente, di rievocare il clima che aveva portato, verso la metà del secolo, a un vera e propria esplosione di interesse per questi piccoli ibridi con sembianze umane, alimentata dai musei popolari americani inventati da Phineas Tylor Barnum.

Luoghi di intrattenimento a basso costo, proponevano con intenti ludici e nel contempo educativi, esposizioni di rarità, spettacoli dal vivo con personaggi viventi (giganti, nani, albini, ventriloqui) e animali ammaestrati, qualche diorama e una grande quantità di “sofisticati androidi”. Fra questi anche una sirena, del tutto simile all’esemplare modenese, che ebbe un successo straordinario: sull’onda di questo successo si generò un vero e proprio commercio di questi esemplari, realizzati unendo alla coda di un pesce componenti di vari animali (piccole scimmie, uccelli) o porzioni di cartapesta per riprodurre le diverse parti del corpo.

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