Un utilizzo di nuovo territorio limitato all’edilizia sociale, a processi di riqualificazione e all’espansione produttiva che tendano all’autosufficienza energetica, con un aumento di superficie urbanizzata, rispetto a quella attualmente prevista, che sarà largamente al di sotto del previsioni del Ptcp, il Piano territoriale di coordinamento provinciale che per Modena stabilisce il 5 per cento in dieci anni. E’ l’indicazione che emerge dalla prima traccia di documento di indirizzi per il Piano strutturale comunale (Psc) illustrata alla giunta del Comune di Modena venerdì 7 settembre da Gabriele Giacobazzi, assessore a Programmazione, gestione del territorio e infrastrutture. La proposta di documento, che parte dall’analisi di una realtà profondamente modificata dalla crisi economica, sarà approfondita nei prossimi giorni con l’obiettivo di approvarlo da parte della giunta e presentarlo al Consiglio comunale in ottobre, per poi aprire un ampio confronto con la città.
“Stiamo muovendo i primi passi nella realizzazione di uno strumento strategico per Modena – commenta il sindaco Giorgio Pighi – e intendiamo promuovere diversi momenti di ascolto dei nuovi bisogni della città prima di definire la proposta del documento di indirizzi che proporremo al voto in Consiglio comunale a inizio anno”.
Lo scenario delineato è quello di un andamento demografico della città di Modena ipotizzato, sulla base di un recente studio del Cresme (Centro ricerche economiche, sociali, di mercato per l’edilizia e il territorio), in circa 6 mila abitanti in più nel prossimo decennio, rispetto agli attuali 186 mila, per attestarsi al di sotto dei 200 mila residenti nel 2032. Una previsione che tiene conto di una crescita fisiologica, pur su valori inferiori rispetto a quelli degli ultimi anni. “Insomma, Modena rimane Modena – spiega Giacobazzi – con un incremento dello 0,86 per cento annuo, forse ottimista nel breve periodo, ma equilibrato complessivamente nell’arco dei vent’anni. Considerando anche il fenomeno della minore numerosità delle famiglie, con il numero di componenti che diminuisce”.
In questa prospettiva il fabbisogno annuo di nuovi alloggi è in buona parte coperto dalle potenzialità dello strumento urbanistico già in vigore e dalla trasformazione e riqualificazione dell’esistente, con riduzione delle dimensioni medie degli alloggi (1,3-1,4 alloggi nuovi ogni alloggio vecchio) e con un’attenzione particolare all’edilizia sociale: l’obiettivo è destinarvi almeno la metà di tutti i nuovi interventi (la legge regionale si ferma al 20 per cento), con circa un terzo per l’affitto a diverse fasce di offerta.
“Per favorire il recupero, la trasformazione e la rigenerazione del tessuto edilizio – aggiunge Giacobazzi – il Psc dovrà prevedere norme che agevolino la riqualificazione, procedure semplificate e incentivi per i proprietari”.
Rispetto alle prossime trasformazioni dell’economia locale, si prevede un progressivo abbandono degli edifici produttivi più obsoleti con la possibilità di sperimentare forme di riuso flessibili e polifunzionali, mentre non sono previsti nuovi poli produttivi, bensì “andranno concertate – spiega Giacobazzi – scelte insediative a carattere sovracomunale, mentre alla ripresa di domanda di spazi per l’industria manifatturiera si potrà rispondere con la dotazione dello strumento urbanistico vigente integrata con il coinvolgimento di aree limitrofe compatibili e un ragionevole incremento delle micro dotazioni delle frazioni. Sempre, però, con attenzione alle politiche di qualificazione energetica e ambientale”.
Per il commercio, con la previsione di una grande struttura di vendita non alimentare nel Piano recentemente approvato dalla Provincia (Poic), rimane “la necessità di medie strutture sia alimentari che extra alimentari (1.500 e 2.500 metri quadri) da prevedere – conclude Giacobazzi – con il doppio obiettivo di riqualificare aree o edifici e incentivare l’effetto urbano delle porzioni di città oggi carenti”.
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