Nel 2011, nonostante la crisi, a Modena sono stati realizzati lavori pubblici per 164 milioni di euro (solo quattro in meno rispetto al 2010), quelli privati invece sono calati di 16 milioni attestandosi a 399 milioni, così come sono in calo le imprese attive (sono 11.359, 57 in meno sul 2010) ed è negativo il dato occupazionale con una perdita nel settore di quasi mille posti di lavoro: gli assicurati passano da 17.146 a 16.186.
E’ la fotografia che emerge dal Rapporto 2011 dell’Osservatorio provinciale degli appalti, attivo dal 1999 su iniziativa di Comune e Provincia di Modena, che sarà presentato venerdì 11 maggio alle 15 al Museo Casa Enzo Ferrari (via Paolo Ferrari 85 a Modena) nell’ambito di un appuntamento (“Legalità in cantiere”) dedicato anche alle strategie contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nel nostro territorio.
Gli appalti pubblici nel 2011 sono stati 492 con un aumento di 29 rispetto al 2010, ma con una diminuzione del valore medio. I subappalti autorizzati sono stati 156. A questi, poi, si aggiungono altri 63 appalti degli anni precedenti (per oltre 56 milioni di euro) le cui procedure si sono concluse nel 2011. I lavori privati calano sia per numero (da 1560 nel 2010 a 1480) che per valore, passando da 415 a 399 milioni di euro.
“Le difficoltà create dalla crisi economica aumentano il rischio di infiltrazioni nel settore da parte della criminalità organizzata – commenta Antonino Marino, assessore a Lavori pubblici e sicurezza del Comune di Modena – e i vincoli che pone il Patto di stabilità agli enti locali, soprattutto rispetto ai pagamenti, aggiungono un ulteriore elemento di debolezza. Insieme all’attuale restrizione del credito, infatti, possono rappresentare un pericoloso incentivo all’utilizzo di forme di finanziamento poco trasparenti e illegali per permettere alle imprese di conservare la propria presenza sul mercato”.
Nel 2011 tre appalti su quattro sono stati assegnati a imprese del territorio modenese: 369 lavori pubblici per un valore complessivo di 96 milioni di euro. Se si restringe l’analisi a quelle della fascia di importo superiore al milione di euro, alle imprese modenesi sono andati 16 appalti su 28 per un valore di 41 milioni di euro sugli 88 milioni complessivi.
“Ma ormai il dato sulla ‘residenza’ delle imprese non è più sufficiente per sentirsi garantiti dal rischio di infiltrazioni mafiose – sottolinea Egidio Pagani, assessore provinciale a Infrastrutture e Sviluppo delle città e del territorio – ed è per questo che l’Osservatorio sta svolgendo approfondimenti sulle imprese edili che si sono costituite negli ultimi anni, così come si moltiplicano i controlli nella fase del subappalto sia attraverso la tracciabilità dei pagamenti sia grazie ai protocolli sottoscritti con le Prefetture, nella misura in cui consentono di accedere alle banche dati incrociando le informazioni disponibili”.
Le tipologie di subappalto dove è più alto il rischio di infiltrazioni della malavita sono diverse: dalla fornitura e posa in opera di ghiaia, sabbia, calcestruzzo, ferro; fino al nolo a freddo (del solo mezzo, cioè) trasformato senza autorizzazione in nolo a caldo (con operatore, quindi) per scavi, movimento terra e trasporti; per arrivare ai sondaggi, alle verifiche tecniche e ai lavori specialistici per finiture e impianti. “Serve un maggiore controllo dei cantieri da sviluppare attraverso tecnologie informatiche – spiega il direttore dell’Osservatorio Vincenzo Pasculli – in modo da garantire maggiormente la sicurezza di chi ci lavora e nello stesso tempo tenere sotto sorveglianza i movimenti sospetti, gli ingressi non autorizzati, le forniture e i mezzi di trasporto”.
Per garantire qualità dei lavori e sicurezza nei cantieri, comunque, i promotori dell’Osservatorio sollecitano per gli appalti di importo maggiore l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la cui procedura è più complessa rispetto al massimo ribasso perché, oltre al prezzo, prevede la valutazione di diversi parametri qualitativi. Tra il 2010 e il 2011 il ricorso a questa modalità è cresciuto passando da 33 a 38 casi. “Il criterio del massimo ribasso – osserva Pasculli – avvantaggia le imprese non strutturate a rischio di irregolarità”. Quando il ribasso è stato superiore al 15 per cento, le verifiche sono state indirizzate sulla regolarità della contribuzione, dei costi della sicurezza, della qualità del lavoro e del rischio dell’utilizzo dell’appalto per altri scopi.
Azioni sul documento