Ritenuto il più grande scrittore modenese del Novecento, fu amato dai poeti e dagli artisti ma rimase, secondo la definizione del critico Carlo Bo, “un mistero impenetrabile, non soltanto per gli altri, ma anche e soprattutto per se stesso”. Ad Antonio Delfini (1907 – 1963), l'autore che dà il nome alla principale biblioteca della città, è dedicata la “Conversazione” tra il critico e poeta Alberto Bertoni e lo scrittore Roberto Barbolini, alla quale si potrà assistere mercoledì 10 ottobre alle 21 nella sala conferenze della biblioteca, in corso Canalgrande 103. A Delfini, Barbolini, che ha dedicato la pièce teatrale “Io parlo ai perduti”, mentre in suo onore l'artista Gianluigi Toccafondo ha realizzato l'affresco digitale che adorna il soffitto della saletta.
Prosegue così il ciclo di tre iniziative “La parola a Delfini”, organizzate per il ventennale della biblioteca e dedicate allo scrittore modenese dal quale prende il nome. L'ultimo appuntamento, dopo la grande partecipazione all'itinerario ciclistico condotto da Ugo Cornia, sarà giovedì 25 ottobre alle 21: Beppe Cottafavi e lo scrittore Walter Siti si occuperanno di una pagina meno nota della biografia delfiniana: il rapporto con Pier Paolo Pasolini, che molto si spese per il premio Viareggio postumo del 1963 ed ebbe a definire Delfinì “lo scrittore aggraziato per definizione, ma mai grazia costò sacrifici così grandi”. Oltre a questi appuntamenti pubblici, la biblioteca organizza in orario scolastico brevi lezioni su Delfini per gli studenti delle superiori (www.comune.modena.it/istruzione/itinerari).
Antonio Delfini ha conosciuto in vita una storia editoriale avventurosa, consegnata a piccole riviste, autoedizioni, numeri unici e persino manifesti murali: come quello “All'editore Guanda”, del 1962, in cui rimprovera l'amico di un tempo di aver tradito Modena trasferendosi a Parma. A questo destino forzatamente minore non si sottrae il suo libro più celebre, “Il ricordo della Basca”, stampato dal piccolo editore fiorentino Parenti nel 1938, poi da Nistri-Lischi nel 1956 (con una bellissima Introduzione giudicata il suo capolavoro) e infine, postumo, da Garzanti nel 1963, con il titolo “I racconti” (premio Viareggio alla memoria). In bilico tra esperienza vissuta e fantasticheria, la scrittura di Delfini racconta una storia personale tormentata e un rapporto ambivalente con la città natale, sempre riconoscibile anche nella trasfigurazione letteraria. Scrive nell'introduzione al “Ricordo della Basca”: “Io giro per Modena, in queste contrade medievali ... conosco il giro delle strade. E le strade giravano continuamente in un labirinto. Conoscevo a menadito ogni occhio di portico, ogni finestra, ogni porta e portoncino”.
Roberto Barbolini, scrittore, saggista e critico teatrale, è autore del testo teatrale “Io parlo ai perduti”, incentrato sulla figura di Antonio Delfini e messo in scena nel 2009 con la regia di Claudio Longhi. L'ultimo titolo pubblicato è “Provaci ancora Radetzky” (Barbera 2012). Alberto Bertoni, critico e poeta, insegna al Dipartimento di italianistica dell'Università di Bologna. Recentemente ha pubblicato “La poesia contemporanea” (il mulino 2012) e la raccolta poetica “Il letto vuoto” (Aragno 2012).
Immagini, informazioni e una rara intervista televisiva ad Antonio Delfini sono on line (http://www.comune.modena.it/biblioteche/delfini/antoniodelfini.htm).
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