“Integrazione non significa non abitare nelle microaree, anche perché norme regionali, nazionali ed europee prevedono che gli enti locali realizzino spazi per sinti e rom. E’ quanto ha fatto l’Amministrazione comunale, che nel 1982 ha aperto il campo di via Baccelliera e alla fine degli anni ‘90, di fronte a problemi di sovraffollamento, ha deciso di sostituirlo con sei microaree. Le politiche del Comune per favorire l’integrazione dei residenti sinti si fondano su due capisaldi: il principio dell’uguaglianza, che si traduce in pari diritti e pari doveri nell’accesso ai servizi, e il concetto di cittadinanza”.
Francesca Maletti, assessore alle Politiche sociali, ha risposto così a un’interrogazione illustrata in Consiglio comunale da Stefano Barberini (Lega nord) nella seduta di giovedì 4 novembre. Il consigliere aveva chiesto alla Giunta “perché la minoranza sinti, presente da oltre 100 anni, non è ancora stata integrata nel territorio modenese e cosa sta facendo la Giunta per integrare questi cittadini che ancora vivono nelle microaree”.
L’interrogazione è stata trasformata in interpellanza da Vittorio Ballestrazzi (Modenacinquestelle) che ha chiesto: “Vorrei sapere quanto, continuando a incentrare le risposte sui diritti dei sinti, si va ad incidere sui diritti degli altri cittadini. In altri termini, ci sono privilegi per questi cittadini nelle graduatorie di accesso ai servizi?”
Intervenendo nel dibattito, Stefano Rimini (Pd) ha detto: “Le politiche attuate dal Comune hanno messo al centro il tema dell’uguaglianza ma anche dei doveri. L’assessore ha sottolineto che ai sinti devono essere date le stesse opportunità e gli stessi obblighi che hanno gli altri cittadini ed è quanto è stato fatto in questi anni; ora il tema è se queste opportunità, ad esempio lavorative, vengano effettivamente sfruttate”.
Per Sandro Bellei (Pdl) “tra i doveri dei sinti c’è anche quello di rispettare le leggi sulla tutela del patrimonio, mentre l’arrivo di taluni di loro fa aumentare il numero dei reati in zona”. Inoltre, il consigliere vorrebbe sapere “se una volta arrestati, i cittadini sinti perdono i diritti che il Comune gli ha riconosciuto”.
In conclusione, Stefano Barberini (Lega nord) si è detto “assolutamente non soddisfatto” della risposta dell’assessore: “Lei non mi ha parlato del problema: dopo cent’anni i nomadi vivono ancora nei container, sono ancora un costo e non dovrebbero più esserlo e io dalla sua risposta non ho capito cosa state facendo perché non state facendo nulla”, ha affermato.
“I nomadi hanno la luce staccata come tutti gli altri cittadini che non pagano le utenze, questo significa avere gli stessi diritti e doveri”, ha replicato l’assessore Maletti. “Per quanto riguarda l’accesso ai servizi comunali, i sinti non hanno alcun tipo di beneficio, mentre il rispetto della legge è una responsabilità personale e le norme nazionali non prevedono che sia rescisso un contratto di locazione in presenza di reati”, ha spiegato rivolgendosi al consigliere Bellei. “Infine, se l’Amministrazione decidesse di chiudere le microaree, dove sistemeremmo anziani e minori, che rappresentano la maggior parte della popolazione sinti? La legge prevede che i Comuni debbano attrezzare le aree di sosta e garantire l’accesso ai servizi scolastici. Roma - ha concluso Maletti - ha deciso di dare alloggi popolari per ridurre i campi, ma questo vorrebbe dire toglierli ad altre fasce della popolazione bisognosa”.
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