Il primo stemma della città di Modena era costituito da una croce azzurra in campo d’oro, il simbolo adottato dai comuni che fecero parte della Lega lombarda, in seguito sempre più spesso accompagnato dai rami d’alloro. Dal 1525 comparvero, sia nei codici comunali sia nelle stampe, le due trivelle, prima separate dallo stemma, in seguito accollate in croce di Sant’Andrea; dal 1599 fu adottato il motto “Avia Pervia”. Nel 1740 il Duca Francesco III d’Este concesse, tramite decreto, l’uso onorifico della corona marchionale sopra lo stemma.
Il gonfalone più antico, opera di Ludovico Lana, risale al 1633 e si presenta a forma di ampia bandiera turchina, guarnita di frange d’oro e dipinta da ambo i lati con le immagini della Madonna del Rosario e di San Geminiano. Fu usato sino al 1746 e oggi è conservato come dipinto nel Palazzo comunale. Un secondo gonfalone, realizzato nel 1699, fu dipinto da Francesco Stringa con le immagini dei santi protettori della città, ma non venne usato e finì per decorare l’altare della sagrestia della Madonna del Voto.
La metà del Settecento è poi un momento importante per lo sviluppo delle istituzioni modenesi e, quindi, per la storia della simbologia comunale, nella quale coesistevano diverse soluzioni grafiche e stilistiche. Durante il Regno d’Italia (1805-1814) prima dell’unificazione nazionale del 1861, i Comuni del Regno furono divisi in tre classi, in relazione al numero di abitanti. Modena apparteneva ai comuni di seconda classe araldica ed ebbe, nel 1813, uno stemma che fondeva la tradizionale iconografia municipale con la nuova imposta da Napoleone; al centro la croce azzurra con le trivelle ed il motto Avia Pervia su sfondo oro, in alto un cantone azzurro caricato da una N maiuscola d’oro sormontata da una stella anch’essa d’oro. Sovrastava lo scudo una corona muraria d’argento con otto merli ghibellini, cinque dei quali in vista, e sotto la corona v’era un caduceo d’argento con legato un serto in forma di ghirlanda aperta, composto di quercia ed alloro intrecciati. Lo stemma napoleonico fu abbandonato dopo poco più di un anno.
Dal luglio 1814 Francesco IV d’Austria-Este ripropose lo stemma tradizionale, dopo l’emanazione di un editto che consentiva alla ricostituita Comunità modenese di ripristinare l’uso della corona sopra lo stemma. Durante le brevi parentesi rivoluzionarie del 1831 e del 1848, i governi provvisori modenesi scelsero di non usare lo stemma nei manifesti e nella carta intestata, tuttavia nei rari casi in cui comparve lo adottarono nella sua versione tradizionale.
Il nuovo Regno d’Italia creò, nel 1869, la Consulta Araldica con il compito di regolare tutte le questioni in materia, di fornire pareri in proposito e di decidere sulle richieste di concessione degli stemmi per gli enti territoriali, ma per tutta la seconda metà dell’Ottocento lo stemma mantenne un’iconografia multiforme in attesa di indicazioni.
Solamente nell’estate dell’anno 1900, in occasione dei funerali di Umberto I, la Giunta Municipale propose alcune modifiche al gonfalone. La confezione del nuovo gonfalone fu assegnata all’Educatorio di San Paolo e costò al Comune la cifra di 482 lire.
Nei primi anni del secolo la città discusse molto animatamente sul significato del motto “Avia Pervia”, almeno sino alla pubblicazione del testo di Emilio Paolo Vicini “Lo Stemma del Comune di Modena”. L’autore, archivista del Comune di Modena, che definisce il suo lavoro “questa mia operetta, nella quale tutto potrà far difetto, all’infuori d’un vivo amore per Modena e per la sua storia” ha il merito di ricostruire con passione e professionalità l’intera storia dello stemma, dalle origini sino all’epoca napoleonica.
Nel periodo fascista il Fascio littorio fu dichiarato emblema dello Stato e nel 1928 un nuovo decreto autorizzava comuni e altri enti a fare uso del fascio a fianco del proprio stemma. L’amministrazione comunale fascista approvò un nuovo simbolo nel 1934: il nuovo stemma riproduceva sostanzialmente quello precedentemente in uso con l’aggiunta del Capo del Littorio, il gonfalone venne, invece, profondamente modificato poiché riportava l’immagine dello stemma nella sua totalità.
Una nuova normativa sull’araldica arrivò col Reale Decreto 7 giugno 1943, n. 652, che ancora oggi sancisce che gli stemmi ed i gonfaloni storici delle Province e dei Comuni non possano essere modificati ed inoltre determina la foggia di quelli di nuova concessione.
Il simbolo della dittatura fascista venne rimosso dall’araldica civica già nel 1943, e con la primavera del 1945 ritornò in vigore l’iconografia tradizionale dello stemma e del gonfalone: un richiamo all’autonomia dell’ente locale e alla riconquistata libertà.
Agli esordi del 1960, l’assessore Baccarini ripropose il problema dello stemma e del gonfalone e le ricerche del direttore dell’archivio comunale Gino Lucchi portarono a una conferma delle scelte compiute in precedenza. Questo giustifica, probabilmente, la varietà di tipologie e soprattutto di colori che ha caratterizzato l’uso dello stemma comunale negli ultimi sessanta anni.
La diffusione sempre più massiccia del modello di gonfalone araldicamente corretto fra i comuni e le province italiane negli ultimi anni e il mutato ruolo istituzionale degli enti locali hanno spinto anche il Municipio modenese all’adozione di un nuovo gonfalone, finalmente rispettoso sia della simbologia cittadina, sia delle indicazioni della legislazione statale in vigore.
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