17/12/2009

MODENA, L'ARTE FA I CONTI CON LE EX FONDERIE

Dal 19 dicembre al 9 gennaio tre giovani artisti ridanno vita ad un luogo-simbolo della città a 60 anni dall'uccisione di sei operai. Luci ogni giorno dalle 17 alle 24


Sagome di soldati, una grande bandiera, gigantesche medaglie, ma anche fotografie che occupano lo spazio delle finestre e che ricevono luce dall’interno.
Le ex Fonderie Riunite di Modena, luogo-simbolo della città, drammatico scenario dell’uccisione di sei operai da parte della Celere il 9 gennaio 1950, riprendono vita a sessant’anni di distanza. L'ex fabbrica torna così ad essere una cattedrale del lavoro, quello comune e quello artistico, quello fisico e quello intellettuale.
L’occasione è offerta dalla mostra “RiskArt!”, che dal 19 dicembre (inaugurazione alle 18.30) al 9 gennaio “porta in scena”, a cura del romano Fulvio Chimento e della modenese Antonella Malaguti, l’opera di tre giovani artisti: il modenese Fabio Bonetti, il casertano Gianluca Rossi, bolognese d’adozione, e la carpigiana Cristina Panicali, tutti 27enni. Chimento e Malaguti sono tra i vincitori della seconda edizione del concorso regionale per giovani curatori e critici d’arte “A cura di…”, promosso e realizzato dall’ufficio Giovani d’arte del Comune in collaborazione con gli assessorati alle Politiche finanziarie e all’Urbanistica (informazioni al numero 059 2032604, www.comune.modena.it/gioarte).
Il progetto espositivo è realizzato interamente in esterno e individua quale punto di osservazione ideale il cavalcavia di viale Ciro Menotti. La mostra prevede infatti l’allestimento della facciata ovest delle ex acciaierie, dove in diciassette finestre saranno inserite fotografie stampate su pvc e illuminate da dietro con lampade da mille watt ciascuna; dall’esterno, altre due lampade illumineranno le finestre del piano terra del corpo centrale dell'edificio. Le luci si accenderanno ogni giorno alle 17 e si spegneranno alle 24.
La struttura delle ex Fonderie ha ispirato a Bonetti e Rossi un’opera che rilegge in chiave artistica uno dei capolavori della cinematografia del Novecento: “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin, nell’intento di smascherare, grazie all’ironia, un’autorità astratta che esercita il suo potere attraverso la manipolazione. Cristina Panicali ricorre invece al mezzo fotografico per mettere in luce il gioco infinitamente replicabile di rappresentazione e immaginazione: il rischio massimo è illudersi di interpretare oggettivamente la realtà. Rottura, cambiamento, riscatto, pericolo di crollo sono le parole chiave della mostra allestita alle ex Fonderie, metafora moderna di un territorio espressivo da riconquistare.



 

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