17/07/2008

LEZIONI MAGISTRALI, SI PARLA DI FUTURO, ARTE E NEURONI

Nelle piazze e nelle chiese di Modena, Carpi e Sassuolo si riflette sulla scienza, le utopie, la creazione, le figure della fantasia e la teoria dell'immagine
Tra l’”archivio dei sensi” e il “teatro della ragione” esiste una potenza intermedia che consente all’uomo, “divino camaleonte” - secondo la definizione di Gian Francesco Pico della Mirandola - di proiettarsi nel futuro, inventare il nuovo e costruire miti collettivi. E’ la fantasia, potenza evocatrice e creatrice, capace di anticipare ciò che ancora non si vede, di rivaleggiare con la natura nella creazione di cose artificiali e mondi di finzione, di immaginare l’inimmaginabile.
Sarà questo il filo conduttore delle lezioni magistrali dell’ottavo Festival filosofia, in programma a Modena, Carpi e Sassuolo dal 19 al 21 settembre. Nelle piazze e nelle chiese delle tre città, grandi maestri del pensiero contemporaneo si confronteranno con il pubblico su alcuni grandi temi che spaziano dai neuroni a specchio alle grandi utopie collettive, dall’architettura come luogo dell’immaginazione sociale alle ragioni di chi rifiuta le figure fino e alla immaginaria fondazione celtica della Padania. Ma anche dal jazz al cinema, dalla letteratura alla moda maschile, dalla profezia alla qabbalah.
Uno spazio di riflessione riguarderà la scienza. Isabelle Stenger, collaboratrice del premio Nobel per la chimica Ilya Prigogine, spiegherà come il laboratorio dello scienziato non sia una fabbrica di verità universali ma un’avventura dell’immaginazione creatrice. Giacomo Rizzolatti, il neurologo che ha scoperto i neuroni a specchio, racconterà invece come funziona il “teatro” della mente umana e come gli aspetti sociali e quelli individuali si “rispecchino”. Rispetto al modello classico delle scienze cognitive, basato sulle percezioni e sul “vedere”, i neuroni a specchio insegnano, infatti, che alla base dell’apprendimento c’è il sistema motorio, le azioni, anzi le “simulazioni”.
Remo Bodei, supervisore scientifico del Festival, farà il punto sul concetto di avvenire parlando delle utopie otto e novecentesche che hanno alimentato grandi speranze collettive, mentre Giacomo Marramao spiegherà la difficoltà contemporanea di immaginare un futuro ormai “colonizzato” dalla globalizzazione e Roberto Esposito proporrà di considerare “l’impersonale”, spazio neutro e inclusivo che rinvia all’originaria unità del vivente, come luogo di possibile innovazione sociale. All’utopia dell’uomo civico, che ha cura attiva dei beni comuni e degli spazi pubblici, sarà dedicata la riflessione di Franco Cassano, mentre Marc Augé parlerà dell’architettura come luogo dell’immaginazione sociale e della costruzione dell’avvenire. L’impegno a pensare la vita altrimenti sarà anche il cuore della testimonianza di Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, sulla vita monastica come profezia, mentre Silvia Vegetti Finzi metterà in risalto la proiezione inconscia e immaginativa che accompagna l’attesa della maternità,
Sulla linea tematica dell’invenzione, Paolo Virno sottolineerà il ruolo delle risorse logico-linguistiche negli “stati d’eccezione” che rendono possibile la variazione inattesa e lo scarto imprevisto della condotta umana. Allo stupore dell’evento come fatto inventivo che si stacca dalla catena del rapporto tra causa ed effetto sarà dedicata la lezione di Sergio Givone, mentre all’improvvisazione come pratica culturale, esemplificata nelle variazioni del jazz, sarà dedicata la lezione di Davide Sparti.
Un importante capitolo del Festival sarà riservato al rapporto tra verità e finzione, realtà e artificio. Ragionando sulla differenza tra imitare e copiare, Salvatore Natoli farà emergere come l’uomo, per non naufragare nelle apparenze, debba “inventare” verità e “costruire” immagini di realtà, mentre Maurizio Ferraris mostrerà il ruolo della memoria in questa edificazione tutta umana, Luigi Montani rifletterà sulla narrazione cinematografica, con la sua originale connessione tra fatti e finzioni, e Omar Calabrese sull’imitazione immaginativa che fonda la moda e in particolare l’eleganza maschile.
Ancora al funzionamento della potenza immaginativa saranno orientati gli interventi di Carlo Sini, attento alla soglia mobile che lega la fantasia con la voce e l’oralità, di Ermanno Bencivenga, che ne sottolineerà le “regole” e la connessione con l’attività razionale, e di Christoph Wulf, che mostrerà il fondamento antropologico dell’immaginazione, radicato nelle azioni e nei rituali sociali. Su questa scia, Marcel Detienne, il grande studioso francese del mito greco, prenderà in esame gli utilizzi del mito in chiave comunitaria (compreso quello della nazione e l’immaginaria fondazione celtica della Padania) e Umberto Galimberti esaminerà il simbolo come fonte di immagini secondo un processo che non appartiene alla storia della cultura, ma alla profondità dell’inconscio. Infine, il concetto stesso di creazione come creazione dal nulla sarà sottoposto alla serrata critica di Emanuele Severino.
Ampio anche il capitolo che riguarda la teoria e la fondazione dell’immagine. Maria Bettetini spiegherà le ragioni dell’aniconismo ebraico, islamico e protestante, Giulio Busi, illustrerà l’idea del “Dio disegnatore” e della nascita del mondo come opera d’arte secondo la tradizione qabbalistica ebraica, Hans Belting ripercorrerà in chiave antropologica la storia dell’ombra dalla Commedia di Dante fino all’arte contemporanea, Georges Didi-Huberman affronterà il rapporto tra immagine e memoria, e in particolare il suo riflesso sul tema sulla Shoah, e Jean-Luc Nancy prenderà in esame il rapporto e la distanza tra fantasia moderna e immaginazione contemporanea.
All’importanza dell’immaginazione, e soprattutto dell’immaginazione letteraria, per la vita morale sarà riservata la lezione di Stanley Cavell, tra i maggiori filosofi analitici viventi, mentre sull’utilità della letteratura per comprendere i processi sociali interverrà Gabriella Turnaturi. Il ruolo di critico dell’immaginazione, nozione ambivalente che apre una possibilità universale di comprensione dell’altro, ma concede anche ai “possessori” dell’immaginario un vantaggio cognitivo e politico sulle altre culture, sarà riservato a Terry Eagleton, il più popolare e brillante critico letterario inglese.

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