Inventato nel Medioevo, il bianco cavallo dal corno a spirale è stato considerato fino all'Ottocento un animale realmente esistito. Installazione del rumeno Spoerri
Inventato nel Medioevo, ma considerato fino all’Ottocento un animale realmente esistito, l’Unicorno ha avuto una considerevole fortuna artistica, letteraria e scientifica. Il bianco cavallo dal lungo corno a spirale, ritenuto simbolo di Cristo e della castità, ha da sempre interessato anche naturalisti, medici, viaggiatori, poeti e ha dato luogo a dottissime controversie.
Proprio all’Unicorno è dedicata l’iniziativa organizzata dai Musei civici di Modena in occasione del Festival filosofia, in programma dal 19 al 21 settembre. Narrazioni, proiezioni di immagini e un laboratorio didattico per bambini e ragazzi ricostruirà, nelle sale del piano terra, il percorso dell’animale tra realtà e leggenda, verità e finzione.
I visitatori saranno accompagnati in un percorso che culminerà nella grande sala del Museo archeologico, che conserva collezioni di paleozoologia, dove sarà collocata una grande installazione di Daniel Spoerri, intitolata “L’ombelico del mondo” e costituita da nove monumentali Unicorni. Tra i maggiori artisti rumeni contemporanei, Spoerri è stato vittima delle persecuzioni naziste e, dopo la guerra, ha vissuto in vari luoghi del mondo, tra cui l’Italia, e ha aderito al movimento Fluxus . Artista eclettico, è stato anche regista, ballerino, mimo, poeta e scrittore oltre che ideatore di un parco di sculture nella Toscana meridionale.
Considerato nel Medioevo un animale feroce e terribile, si riteneva che l’Unicorno potesse essere cacciato solo attraverso una vergine, sul cui seno si addormentava esponendo così il fianco alla lancia mortale dei cacciatori. Una tradizione vuole che il suo corno fosse un antidoto universale contro tutti i veleni.
Tra il XV e il XVI secolo i testi che trattano dell’Unicorno cambiano di ottica, di tematica e di struttura. Mentre la simbolica dell’animale continua nell’iconografia, nella poesia e nell’araldica, costituendo una tradizione a se stante che giunge fino ai tempi moderni, la preoccupazione essenziale dei letterati del Rinascimento è di stabilire se esista veramente, quali siano le sue abitudini, il suo habitat, il suo aspetto e se il suo corno possa essere utile in medicina. Tra difensori e avversari, l’unicorno diviene così oggetto di un costante dibattito tra naturalisti, medici e viaggiatori e dà luogo a dottissime controversie in cui si ritrovano i nuovi metodi di osservazione, descrizione e classificazione della nascente zoologia scientifica. Intensissimo fino alla fine del XVII, più debole nel secolo dei Lumi, l’interesse per l’Unicorno riprende a fine Settecento, intrecciandosi anche alla questione dei fossili e dunque alla paleontologia, finché solo nel corso del XIX il suo carattere favoloso viene definitivamente accettato. Da allora l’Unicorno resta a disposizione unicamente dell’immaginario collettivo e artistico.
Proprio all’Unicorno è dedicata l’iniziativa organizzata dai Musei civici di Modena in occasione del Festival filosofia, in programma dal 19 al 21 settembre. Narrazioni, proiezioni di immagini e un laboratorio didattico per bambini e ragazzi ricostruirà, nelle sale del piano terra, il percorso dell’animale tra realtà e leggenda, verità e finzione.
I visitatori saranno accompagnati in un percorso che culminerà nella grande sala del Museo archeologico, che conserva collezioni di paleozoologia, dove sarà collocata una grande installazione di Daniel Spoerri, intitolata “L’ombelico del mondo” e costituita da nove monumentali Unicorni. Tra i maggiori artisti rumeni contemporanei, Spoerri è stato vittima delle persecuzioni naziste e, dopo la guerra, ha vissuto in vari luoghi del mondo, tra cui l’Italia, e ha aderito al movimento Fluxus . Artista eclettico, è stato anche regista, ballerino, mimo, poeta e scrittore oltre che ideatore di un parco di sculture nella Toscana meridionale.
Considerato nel Medioevo un animale feroce e terribile, si riteneva che l’Unicorno potesse essere cacciato solo attraverso una vergine, sul cui seno si addormentava esponendo così il fianco alla lancia mortale dei cacciatori. Una tradizione vuole che il suo corno fosse un antidoto universale contro tutti i veleni.
Tra il XV e il XVI secolo i testi che trattano dell’Unicorno cambiano di ottica, di tematica e di struttura. Mentre la simbolica dell’animale continua nell’iconografia, nella poesia e nell’araldica, costituendo una tradizione a se stante che giunge fino ai tempi moderni, la preoccupazione essenziale dei letterati del Rinascimento è di stabilire se esista veramente, quali siano le sue abitudini, il suo habitat, il suo aspetto e se il suo corno possa essere utile in medicina. Tra difensori e avversari, l’unicorno diviene così oggetto di un costante dibattito tra naturalisti, medici e viaggiatori e dà luogo a dottissime controversie in cui si ritrovano i nuovi metodi di osservazione, descrizione e classificazione della nascente zoologia scientifica. Intensissimo fino alla fine del XVII, più debole nel secolo dei Lumi, l’interesse per l’Unicorno riprende a fine Settecento, intrecciandosi anche alla questione dei fossili e dunque alla paleontologia, finché solo nel corso del XIX il suo carattere favoloso viene definitivamente accettato. Da allora l’Unicorno resta a disposizione unicamente dell’immaginario collettivo e artistico.
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