13/06/2008

LA LEZIONE DI MILANO PER RIFLETTERE SULLA SANITÀ ITALIANA

L'assessore Arletti commenta l'inchiesta in corso sulla malasanità nelle cliniche milanesi
Alla ribalta della cronaca degli ultimi giorni la cosidetta “Clinica degli orrori” milanese, in cui i pazienti erano sottoposti a inutili e pericolose operazioni al solo scopo di ottenere i rimborsi dalla Regione Lombardia.
“L’inchiesta in corso a Milano ci fa rabbrividire non certamente solamente per l’enorme truffa ai danni dei cittadini, ma sopratutto per il cinismo di cui è rivelatrice” commenta l’assessore alle Politiche per la Salute del Comune di Modena Simona Arletti “l’utilizzo della salute di alcuni cittadini per incrementare i propri profitti, in sprezzo ai diritti fondamentali di ogni persona, e al diritto alla salute, garantiti anche dalla Carta cosituzionale di cui stiamo celebrando l’anniversario, è certamente a dir poco rivoltante. L’auspicio è di un veloce accertamento e di una pena esemplare per quanti saranno riconosciuti colpevoli. Per nulla comprensibili sono le dichiarazioni del governatore della Lombardia tendenti a dire che quello che si è scoperto è “prassi diffusa” anche nel resto d’Italia! Mi sembra che tale affermazione sia del tutto infondata e che non potrebbe esserci comunque quel mezzo gaudio del condividere un mal comune così abietto. Vogliamo davvero dare a intendere che operare pazienti in spregio alle loro effettive condizioni cliniche e a tutte le linee guida esistenti, allo scopo di incassare maggiori rimborsi dal Servizio Sanitario Regionale, è qualcosa di diffuso, conosciuto e quindi accettato? Quello che spero è che non sia proprio così!
La vicenda di malasanità di Milano però ci dà diverse lezioni, sia come cittadini, che come medici, che come amministratori. Come cittadini, innanzitutto, dobbiamo smetterla di pensare che la salute coincida solo con le cure quando siamo malati. È certamente importante avere a disposizione un efficace sistema di cura, ma la salute è un capitale su cui occorre investire fin dall’infanzia, con sani stili di vita, la cosidetta prevenzione primaria, e con controlli dal medico di base, almeno annuali. Con l’adesione alle campagne di screening, altrimenti detta prevenzione secondaria, nella vita adulta. È possibile che si verifichi un evento grave e allora diventa indispensabile il ricovero e l’intervento, ma anche in ospedale o in clinica occorre comunque pretendere spiegazioni sulla diagnosi, se è basata su esami attendibili, e sulle possibili cure, che non sempre, anche nel caso dei tumori, prevedono la necessità di un ’intervento chirurgico. Va cercato, insomma un dialogo col medico, anche nel più difficile contesto ospedaliero, e se il dialogo è rifiutato è bene avanzare le proprie lamentele agli uffici per la relazione con pubblico che operano anche per le direzioni aziendali e possono rappresentare un buon sensore della qualità offerta dalle aziende ai propri pazienti.
Come medici è bene sempre ricordare che il paziente non è tale perchè sopporta tutte le cure, ma perchè ha bisogno di cure. Pertanto, occorre che il medico prenda in carico i bisogni di salute di quella determinata persona, con la sua storia fisica, ma anche psicologica, e offra a tale persona percorsi di guarigione o quando questo non è possibile ammetta i propri limiti e si concentri su azioni tese al sollievo dal dolore.
Occorre soprattutto ricordare che mettere il paziente al centro non è uno slogan per i momenti congressuali, ma un dovere etico professionale, anche se lo sforzo fatto spesso anche non viene ricompensato (non tutti i cittadini forse lo riconoscone e se lo meritano), però tale comportamento è l’unico che davvero dà valore all’alta professione che si sta svolgendo.
Come amministratori le lezioni sono più d’una: intanto che la salute secondo l’OMS è un benessere globale che va garantita non solo con un adeguato e importante ed efficace sistema sanitario, ma con molteplici azioni che riguardano l’ambiente, la mobilità, l’istruzione e il sostegno sociale; che nella programmazione sanitaria occorre soppesare le tante richieste di “espansione” di posti letto, non sempre dettate da esigenze di salute, ma spesso di affermazione di importanza dei diversi settori rispetto ai veri bisogni di cura ; infine le convenezioni coi privati possono dare sì risposte importanti e magari non presenti altrimenti nel sistema, ma se nell’attuarle non viene programmato e realizzato un adeguato sistema di controlli, il rischio che il privato abbia il business in cima ai propri interessi diventa elevato e poco controllabile.
Al ministro, purtroppo, non della salute ma del Welfare, Sacconi ricordo invece che quest’anno non ricorrono solo i 30 anni della L.194, una delle poche leggi monitorata con attenzione e ora rimessa in discussione, ma anche della L.833 che istituì il Servizio sanitario nazionale, forse sarebbe bene prendere atto e verificare come questo sistema, pur con falle come questa, che emergono in alcune situazioni regionali e che hanno lasciato troppo spazio agl’interessi privati, quando è governato per rispondere ai bisogni del cittadino, con un chiaro rapporto pubblico-privato, può impedire che il malato sia usato per guadagnarci sopra. E come tale il nostro sistema è valutato, anche a livello internazionale, tra i migliori al mondo per garantire, se non una buona salute, una adeguata cura”.

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