Intervento del Sindaco alla messa in San Domenico promossa dalla Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia in occasione della Giornata del Ricordo 2007
“Nel portare il saluto della città di Modena, esprimo alla neocostituita sezione di Modena dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia il mio apprezzamento per questa funzione in occasione della Giornata del ricordo.
Esprimo altresì il più vivo ringraziamento all’Associazione che mi ha personalmente invitato qui, e prima ancora, mi ha fatto visita il 17 gennaio scorso quando fu costituita la sezione locale.
Tanti, oramai modenesi, sono qui oggi per quest’importante cerimonia. L’altro ieri all’istituto storico … gli intervenuti hanno ricordato, tra la commozione e anche le lacrime, le tragedie personali e familiari di quelle sanguinose pagine della nostra storia. E con esse la perdita delle radici, di quella ch’era e non è più la loro terra … E’ opportuno che gli esuli ed i loro familiari, proprio loro, abbiano organizzato l’associazione. Tutta loro, perché c’è comunque una specificità da salvaguardare che riguarda non gli altri, ma chi ha subito sulla propria vita e su quella dei suoi cari le conseguenze della sopraffazione e della barbarie.
Quando la sezione modenese si costituì, le iniziative di per il 2007 erano già avviate, ma oggi che esiste una realtà operativa, vale un impegno forte e preso pubblicamente: se loro, gli esuli ed i loro familiari, fuori dalle logiche di parte, lo vorranno, l’anno prossimo organizzeremo queste iniziative in modo congiunto.
Voglio parlarne personalmente con i protagonisti che hanno da consegnarci non solo il ricordo, ma anche un insegnamento. Gli istriani e gli esuli dalla Venezia Giulia hanno sempre adottato i toni ed i modi di chi vuole capire, vuole conoscere, vuole avvicinare le pagine più dolorose della storia senza alcun fine che non sia quello di tenere viva la memoria.
La dignità, la pacatezza ed il grande rigore che mostrano, deve essere un insegnamento per tutti. Questa chiarezza è dovuta prima di tutto a loro, relativamente ad una stagione in cui si verificarono tante drammatiche vicende collettive, per ragioni che oggi per tutti noi sono criminali prima che inaccettabili e che rimasero volutamente nell’oblio.
Il tragico errore, in tutti i casi di oblio, fa tutt’uno col torto subito dagli interessati. La verità negata di questi eccidi si consumò negli armadi che raccolgono i documenti oramai polverosi, quando prese corpo nel silenzio delle istituzioni nascoste dietro i pretesti di un malinteso senso del realismo politico o di un più contingente opportunismo, o quando fu espressione delle ambigue coscienze di qualcuno che aveva qualcosa da perdere se fosse emersa la semplice realtà dei fatti.
Si trattò di migliaia uomini e donne uccisi barbaramente solo perché italiani, molti di essi gettati nelle foibe carsiche, e di centinaia di migliaia di esuli italiani costretti a fuggire.
Il tutto per opera e a causa delle violenze perpetrate dalle bande imbevute d’odio che perseguivano il disegno del nascente regime comunista e nazionalista distruggendo, con gli eccidi e la fuga degli esuli, una presenza secolare e pacifica. Non si infrangeva in tal modo solamente il sogno di Nicolò Tommaseo, il letterato e patriota italiano di Sebrenico che sognava una Dalmazia in pace ad un tempo italiana e slava. Si eliminò una presenza secolare oggi visibile solo nel marmo che raffigura i tanti leoni di San Marco.
Le vicende sanguinose e le umiliazioni feroci contro popolazioni civili inermi avvennero mentre l’intera collettività italiana della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia non poteva essere difesa dallo Stato italiano che aveva perso non solo la forza e l’autorevolezza, ma la stessa sovranità su quelle terre, distrutto com’era dalla guerra e dalla sconfitta.
Un’aggressione dunque prima di tutto contro poveri ed inermi, che non seppe barbaramente distinguere fra questioni di sovranità e popolazione civile e dunque fu soprattutto vile, alla quale seguì la memoria negata che l’ha resa ancora più ingiusta ed intollerabile.
Ringrazio tutti, esuli ed altri cittadini, che hanno partecipato a questa cerimonia.”
Esprimo altresì il più vivo ringraziamento all’Associazione che mi ha personalmente invitato qui, e prima ancora, mi ha fatto visita il 17 gennaio scorso quando fu costituita la sezione locale.
Tanti, oramai modenesi, sono qui oggi per quest’importante cerimonia. L’altro ieri all’istituto storico … gli intervenuti hanno ricordato, tra la commozione e anche le lacrime, le tragedie personali e familiari di quelle sanguinose pagine della nostra storia. E con esse la perdita delle radici, di quella ch’era e non è più la loro terra … E’ opportuno che gli esuli ed i loro familiari, proprio loro, abbiano organizzato l’associazione. Tutta loro, perché c’è comunque una specificità da salvaguardare che riguarda non gli altri, ma chi ha subito sulla propria vita e su quella dei suoi cari le conseguenze della sopraffazione e della barbarie.
Quando la sezione modenese si costituì, le iniziative di per il 2007 erano già avviate, ma oggi che esiste una realtà operativa, vale un impegno forte e preso pubblicamente: se loro, gli esuli ed i loro familiari, fuori dalle logiche di parte, lo vorranno, l’anno prossimo organizzeremo queste iniziative in modo congiunto.
Voglio parlarne personalmente con i protagonisti che hanno da consegnarci non solo il ricordo, ma anche un insegnamento. Gli istriani e gli esuli dalla Venezia Giulia hanno sempre adottato i toni ed i modi di chi vuole capire, vuole conoscere, vuole avvicinare le pagine più dolorose della storia senza alcun fine che non sia quello di tenere viva la memoria.
La dignità, la pacatezza ed il grande rigore che mostrano, deve essere un insegnamento per tutti. Questa chiarezza è dovuta prima di tutto a loro, relativamente ad una stagione in cui si verificarono tante drammatiche vicende collettive, per ragioni che oggi per tutti noi sono criminali prima che inaccettabili e che rimasero volutamente nell’oblio.
Il tragico errore, in tutti i casi di oblio, fa tutt’uno col torto subito dagli interessati. La verità negata di questi eccidi si consumò negli armadi che raccolgono i documenti oramai polverosi, quando prese corpo nel silenzio delle istituzioni nascoste dietro i pretesti di un malinteso senso del realismo politico o di un più contingente opportunismo, o quando fu espressione delle ambigue coscienze di qualcuno che aveva qualcosa da perdere se fosse emersa la semplice realtà dei fatti.
Si trattò di migliaia uomini e donne uccisi barbaramente solo perché italiani, molti di essi gettati nelle foibe carsiche, e di centinaia di migliaia di esuli italiani costretti a fuggire.
Il tutto per opera e a causa delle violenze perpetrate dalle bande imbevute d’odio che perseguivano il disegno del nascente regime comunista e nazionalista distruggendo, con gli eccidi e la fuga degli esuli, una presenza secolare e pacifica. Non si infrangeva in tal modo solamente il sogno di Nicolò Tommaseo, il letterato e patriota italiano di Sebrenico che sognava una Dalmazia in pace ad un tempo italiana e slava. Si eliminò una presenza secolare oggi visibile solo nel marmo che raffigura i tanti leoni di San Marco.
Le vicende sanguinose e le umiliazioni feroci contro popolazioni civili inermi avvennero mentre l’intera collettività italiana della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia non poteva essere difesa dallo Stato italiano che aveva perso non solo la forza e l’autorevolezza, ma la stessa sovranità su quelle terre, distrutto com’era dalla guerra e dalla sconfitta.
Un’aggressione dunque prima di tutto contro poveri ed inermi, che non seppe barbaramente distinguere fra questioni di sovranità e popolazione civile e dunque fu soprattutto vile, alla quale seguì la memoria negata che l’ha resa ancora più ingiusta ed intollerabile.
Ringrazio tutti, esuli ed altri cittadini, che hanno partecipato a questa cerimonia.”
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