Sabato 17 febbraio si inaugura al Museo civico d'arte un'esposizione dedicata al pittore modenese morto nel 1981. Indagine sull'attività artistica prima e dopo la seconda guerra
A venticinque anni dalla morte, Modena rende omaggio al pittore Tino Pelloni (1895-1981) con una mostra dal titolo “Trame impalpabili”, che sarà inaugurata sabato 17 febbraio alle 17.30 al Museo civico d’arte, dove resterà aperta fino al 15 aprile (da martedì a venerdì 9-12, sabato, domenica e festivi 10-13 e 15-18, chiuso i lunedì non festivi, informazioni al numero 059 2033100).
Promossa dal Museo in collaborazione con il Banco San Geminiano e San Prospero, l’esposizione indaga, attraverso una selezione di opere, la produzione del pittore soffermandosi in particolare sugli anni immediatamente precedenti e successivi la seconda guerra mondiale, quando Pelloni maturò una personale scelta espressiva nella quale nature morte e paesaggi, modulati su una tavolozza chiara e intrisa di luce, divengono espressione di una condizione esistenziale.
“E’ in questo lasso di tempo a cavallo della seconda guerra mondiale che, sull’onda di mutamenti profondi che interessano tutta la cultura italiana, anche nel percorso artistico di Pelloni si verifica un’evoluzione decisiva verso un nuovo linguaggio figurativo”, spiega Francesca Piccinini, direttrice del Museo civico d’arte e curatrice della mostra assieme a Luciano Rivi. “La scelta delle opere, limitata numericamente a causa dell’esiguità degli spazi espositivi del Museo, anche per questo mira a focalizzare tempi e modalità di tale svolta, maturata lentamente dall’artista quale progressiva presa di coscienza e parallelo graduale adeguamento dei mezzi espressivi”.
L’esposizione fa parte della serie “Riquadri”, giunta alla 16esima edizione, e si inserisce all’interno di un più vasto programma di ricerca sull’arte modenese tra Otto e Novecento che il Museo civico d’arte sta conducendo da anni anche in collaborazione con istituti privati.
Nato a Modena nel 1895 – il padre cappellaio ha laboratorio in via San Michele – Tino Pelloni entra nel 1904 nell’istituto San Filippo Neri e di San Bernardino, dove un decennio dopo diverrà istitutore. La guerra lo chiama alle armi e al ritorno in città, nel 1919, si iscrive alla Libera scuola del nudo ed espone con gli “Artisti smobilitati” nella Serra del giardino pubblico di Modena. Nel 1923 partecipa al Pensionato Poletti per la pittura. E’ invece del 1926 la sua prima mostra personale nella sede della Famiglia degli Artisti. Nel 1929 parte alla volta di Tripoli, su richiesta dell’allora Consiglio di Economia, con l’’incarico di allestire un padiglione della Fiera di quell’anno. Di quell’esperienza di più mesi rimangono diversi bozzetti, alcuni quadri e un diario, redatto in forma dattiloscritta nel 1931, ancora inedito e di proprietà dei figli. Nel 1932 Pelloni viene nominato socio onorario della Regia Accademia di Belle Arti e tra gli anni Venti e Quaranta espone pressoché sistematicamente nelle periodiche mostre della locale Società di Incoraggiamento, dell’associazione della “Famiglia degli Artisti”, poi del Sindacato fascista artisti. Terminata la guerra, nel 1946 Pelloni viene nominato presidente del riorganizzato Sindacato Belle Arti. Frequenta Burano e il circolo artisti “buranesi” e nel 1947 partecipa alla sezione del Premio Modena dedicata agli artisti locali, con riconoscimento del Premio Ghirlandina, ex aequo con Carlo Mattioli. Partecipa nel frattempo a diverse edizioni della Quadriennale di Roma. Alla Biennale di Venezia è invece presente nelle due edizioni del 1948 e del 1950. Nel 1949 espone alla Galleria Bergamini di Milano insieme a Nereo Annovi, mentre negli anni Cinquanta e Sessanta partecipa a mostre e concorsi in diverse città italiane.
Modena organizza esposizioni dedicate all’artista in diverse occasioni: è innanzitutto la saletta degli Amici dell’Arte e in particolare l’amico Franco Allegretti a proporre le opere dell’artista: le personali si susseguono per diversi anni: nel 1948, nel 1949, nel 1950, nel 1957, nel 1960, nel 1961. Alle esposizioni personali si alternano presenze in collettive a carattere tematico. Nel 1966, per opera di Gabriella Guandalini, si svolge una mostra personale alla saletta alla Galleria della Sala di Cultura, mentre nel 1971 è la volta di un’iniziativa curata da Enrichetta Cecchi e Carlo Federico Teodoro, con testo introduttivo al catalogo di Francesco Arcangeli. Nel 1979 è Soliera, con Franco Solmi, a mettere in mostra le opere di Pelloni, che partecipa alla vita artistica modenese anche tenendo lezioni di Storia dell’arte in circoli e associazioni. Il pittore muore a Modena il 20 marzo 1981.
Promossa dal Museo in collaborazione con il Banco San Geminiano e San Prospero, l’esposizione indaga, attraverso una selezione di opere, la produzione del pittore soffermandosi in particolare sugli anni immediatamente precedenti e successivi la seconda guerra mondiale, quando Pelloni maturò una personale scelta espressiva nella quale nature morte e paesaggi, modulati su una tavolozza chiara e intrisa di luce, divengono espressione di una condizione esistenziale.
“E’ in questo lasso di tempo a cavallo della seconda guerra mondiale che, sull’onda di mutamenti profondi che interessano tutta la cultura italiana, anche nel percorso artistico di Pelloni si verifica un’evoluzione decisiva verso un nuovo linguaggio figurativo”, spiega Francesca Piccinini, direttrice del Museo civico d’arte e curatrice della mostra assieme a Luciano Rivi. “La scelta delle opere, limitata numericamente a causa dell’esiguità degli spazi espositivi del Museo, anche per questo mira a focalizzare tempi e modalità di tale svolta, maturata lentamente dall’artista quale progressiva presa di coscienza e parallelo graduale adeguamento dei mezzi espressivi”.
L’esposizione fa parte della serie “Riquadri”, giunta alla 16esima edizione, e si inserisce all’interno di un più vasto programma di ricerca sull’arte modenese tra Otto e Novecento che il Museo civico d’arte sta conducendo da anni anche in collaborazione con istituti privati.
Nato a Modena nel 1895 – il padre cappellaio ha laboratorio in via San Michele – Tino Pelloni entra nel 1904 nell’istituto San Filippo Neri e di San Bernardino, dove un decennio dopo diverrà istitutore. La guerra lo chiama alle armi e al ritorno in città, nel 1919, si iscrive alla Libera scuola del nudo ed espone con gli “Artisti smobilitati” nella Serra del giardino pubblico di Modena. Nel 1923 partecipa al Pensionato Poletti per la pittura. E’ invece del 1926 la sua prima mostra personale nella sede della Famiglia degli Artisti. Nel 1929 parte alla volta di Tripoli, su richiesta dell’allora Consiglio di Economia, con l’’incarico di allestire un padiglione della Fiera di quell’anno. Di quell’esperienza di più mesi rimangono diversi bozzetti, alcuni quadri e un diario, redatto in forma dattiloscritta nel 1931, ancora inedito e di proprietà dei figli. Nel 1932 Pelloni viene nominato socio onorario della Regia Accademia di Belle Arti e tra gli anni Venti e Quaranta espone pressoché sistematicamente nelle periodiche mostre della locale Società di Incoraggiamento, dell’associazione della “Famiglia degli Artisti”, poi del Sindacato fascista artisti. Terminata la guerra, nel 1946 Pelloni viene nominato presidente del riorganizzato Sindacato Belle Arti. Frequenta Burano e il circolo artisti “buranesi” e nel 1947 partecipa alla sezione del Premio Modena dedicata agli artisti locali, con riconoscimento del Premio Ghirlandina, ex aequo con Carlo Mattioli. Partecipa nel frattempo a diverse edizioni della Quadriennale di Roma. Alla Biennale di Venezia è invece presente nelle due edizioni del 1948 e del 1950. Nel 1949 espone alla Galleria Bergamini di Milano insieme a Nereo Annovi, mentre negli anni Cinquanta e Sessanta partecipa a mostre e concorsi in diverse città italiane.
Modena organizza esposizioni dedicate all’artista in diverse occasioni: è innanzitutto la saletta degli Amici dell’Arte e in particolare l’amico Franco Allegretti a proporre le opere dell’artista: le personali si susseguono per diversi anni: nel 1948, nel 1949, nel 1950, nel 1957, nel 1960, nel 1961. Alle esposizioni personali si alternano presenze in collettive a carattere tematico. Nel 1966, per opera di Gabriella Guandalini, si svolge una mostra personale alla saletta alla Galleria della Sala di Cultura, mentre nel 1971 è la volta di un’iniziativa curata da Enrichetta Cecchi e Carlo Federico Teodoro, con testo introduttivo al catalogo di Francesco Arcangeli. Nel 1979 è Soliera, con Franco Solmi, a mettere in mostra le opere di Pelloni, che partecipa alla vita artistica modenese anche tenendo lezioni di Storia dell’arte in circoli e associazioni. Il pittore muore a Modena il 20 marzo 1981.
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