Una ricerca analizza le ragioni di chi lascia spesso ancora prima dell'inserimento. Per i modenesi il nido è innanzitutto "un'opportunità educativa per il bambino".
Fanno domanda auspicando il nido comunale o convenzionato per il proprio bambino, ma poi rinunciano al posto ottenuto prima dell’inserimento, quando ancora non hanno toccato con mano il servizio offerto dal Comune di Modena. Lo fanno soprattutto perché nel frattempo un familiare si è reso disponibile ad accudire il bambino, talvolta anche perché la retta è più alta di quanto pensassero o ancora perché il nido assegnato – pur essendo tra quelli da essi indicati – è troppo lontano da casa. E’ quanto fa ormai ogni anno un’alta percentuale di famiglie al momento dell’avvio dell’attività di nido. Negli ultimi dieci anni il servizio educativo 0-3 anni è stato interessato da un costante aumento delle richieste e, di conseguenza, dallo sforzo dell’amministrazione comunale di ampliare i posti. Naturale, quindi, che venga analizzato un fenomeno consistente quale quello delle rinunce; lo fa l’indagine condotta dall’Ufficio ricerche del Gabinetto del Sindaco in collaborazione con il Settore Istruzione. La rilevazione si è svolta nel gennaio 2006 tramite interviste telefoniche somministrate alle famiglie che hanno rinunciato al posto nido nel 2005: delle 330 famiglie interessate e contattate, 258 hanno accettato di rispondere. “Il basso numero di famiglie che non ha risposto al questionario – spiega Vittorio Martinelli, curatore della ricerca – riduce di molto il margine d’errore”. Ne viene fuori che l’88,8% delle rinunce è avvenuto prima dell’inserimento effettivo, rispetto ad un numero assai esiguo (29 casi, pari all’11,2 %) di famiglie che ha rinunciato dopo un periodo di frequenza. Sono i nuovi ammessi, quelli che approdano al nido per la prima volta, a rinunciare al posto; i bambini iscritti agli anni precedenti lo fanno in misura minima. Due elementi che inducono ad escludere un nesso tra rinuncia e qualità del servizio. “Affiancando i dati anagrafici e quelli della residenza – continua il sociologo - risulta che le famiglie in età compresa tra i 25 e i 45 anni rappresentano oltre il 90% delle rinunciatarie, e quelle residenti a Modena da sempre, insieme a quelle che vi risiedono da oltre 10 anni, superano il 65% del totale. Dati che possono probabilmente porsi in relazione con una maggiore disponibilità di risorse parentali in grado di attivarsi, al bisogno, per sostenere i genitori nella gestione dei bambini”.
Di tutti gli intervistati, il 38% dei genitori ha presentato domanda al nido perché ‘non sapeva dove lasciare il figlio, c’è inoltre un 36% che la considera ‘la soluzione migliore per il bambino e un 24% che lo ha fatto pensando di differire la decisione finale ad altro momento. Infatti, 3 famiglie su 4 dichiarano che non ci sono stati cambiamenti famigliari, di reddito o di lavoro dal momento della domanda a quello dell’assegnazione del posto. C’è però anche un 30% di famiglie che dal momento della domanda a quello dell’assegnazione del posto nido è stata interessata da un cambiamento. Chi ha rinunciato prima dell’inserimento, lo ha fatto nel 50% dei casi per motivi personali (soprattutto perché un familiare si è reso disponibile a tenere il bambino), nel restante 50% per motivi legati ad aspetti concreti del servizio (retta troppo alta o nido lontano). L’incidenza di elementi pratici ed economici risulta più gravosa per le famiglie che avevano dichiarato cambiamenti famigliari, di reddito o di lavoro.
L’esiguo numero di famiglie che ha rinunciato al servizio dopo un periodo di frequenza lo ha fatto soprattutto per ragioni oggettive: in primo luogo perché il bimbo si ammalava spesso, e, in seconda istanza: perché un parente si è reso disponibile ad accudirlo, la retta era alta, il nido era lontano da casa. Per tutti i rinunciatari la principale alternativa al nido è costituita dall’attivazione di risorse familiari.
Tra le famiglie interpellate unanime e convinto è l’accordo sul fatto che il nido sia “soprattutto un’opportunità educativa per il bambino” (53% molto d’accordo, 39,5% abbastanza), concetto condiviso da genitori con diversi livelli di scolarità, dipendenti e lavoratori autonomi, italiani di diversa provenienza regionale e stranieri. Tale affermazione ottiene ancora più consensi rispetto all’idea che “portare il bambino al nido sia soprattutto una necessità dei genitori” che pur raccoglie un elevato grado di adesioni (il 33,3 è molto d’accordo, il 46,5 abbastanza) con maggiore incidenza tra lavoratori autonomi e stranieri.
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