Via libera del Consiglio comunale alla delibera presentata dall'assessore Querzè
Garantire agli alunni disabili un percorso di istruzione che li porti dal nido all’università, favorendo una piena integrazione scolastica e ribaltando l’attuale approccio: non saranno i disabili a doversi adattare alle classi ‘normali’, ma sarà la scuola – di ogni ordine e grado – a modularsi e adattarsi alle esigenze dei disabili.
E’ questo l’obiettivo principale dell’”Accordo distrettuale per l’integrazione scolastica dei disabili nelle scuole di ogni ordine e grado” approvato ieri dal Consiglio comunale con il voto favorevole della maggioranza e del Gruppo Indipendente e con l’astensione della maggioranza. L’accordo comporterà per il Comune di Modena una spesa annuale di circa 3 milioni e mezzo di euro e riguarda attualmente 501 ragazzi disabili divisi tra le scuole di ogni ordine e grado, a cui il Comune già garantisce il supporto di 386 tra soggetti scelti tra personale educativo, tutor e interpreti della lingua dei segni.
Un piano, quello approvato, concordato tra Sindaco di Modena, Direttore del Distretto Sanitario 3, Direttore del Servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’Ausl di Modena e Dirigenti Scolastici delle scuole di ogni ordine e grado del Comune di Modena, in collaborazione con le associazioni dei genitori e che mette al centro l’handicap: “Il principio fondamentale da cui si parte – ha spiegato l’assessore all’Istruzione Adriana Querzè – è quello contenuto nella Convenzione Internazionale Onu dei diritti delle persone secondo cui i disabili non hanno diritti diversi e speciali, ma hanno i diritti di tutti. Educazione ed istruzione riguardano perciò anche i disabili. Cambia quindi l’approccio, si introduce lo sforzo di percorsi che non sono solo speciali, ma si realizzano all’interno della scuola di tutti per ribadire che la scelta di inclusione è una scelta di civiltà da mantenere anche in situazioni particolari”.
Nel dettaglio, l’accordo intreccerà in un unico percorso i contenuti dell’accordo provinciale dell’handicap, i Piani di Offerta Formativa delle singole scuole, i piani diagnostici e riabilitativi dell’Ausl, i Piani di Zona e i Piani per la Salute, le risorse del Comune e quelle dell’Ufficio Scolastico Territoriale (ex Provveditorato). Dal punto di vista pratico, una volta individuata in fase infantile una disabilità, prenderà il via il percorso integrato tra Ausl, scuola, Provveditorato e Comune con un primo incontro di programmazione tra il Servizio di Neuropsichiatria Infantile e il Distretto Sanitario, a cui seguirà quindi il progetto di integrazione da parte dell’Istituto che prevede – tra le altre cose – la richiesta di risorse in termini finanziari e di personale. Il percorso integrato, una volta definito, dovrà garantire la continuità almeno fino ai 14 anni, con la possibilità proseguire anche alle scuole superiori e all’università passando attraverso due distinti e successivi piani di orientamento alla scelta della scuola secondaria e della facoltà, a cui si affiancherà anche la possibilità di percorsi misti scuola-lavoro e scuola-centri diurni.
Rispetto all’orientamento per la scelta della scuola superiore, l’assessore ha fatto notare che “di solito i disabili sono orientati verso istituti professionali, ma passa l’idea di allargare la gamma delle possibilità perché tutte le scuole devono saper rispondere alle esigenze di ragazzi in difficoltà. Quindi i capi degli istituti superiori concordano sulla necessità di questa operazione culturale. I Presidi delle superiori e medie ogni anno nei mesi autunnali cominceranno a incontrare i consigli di classe e i genitori delle seconde medie per pianificare percorsi di orientamento, con l’obiettivo di limitarsi all’inserimento di un massimo di due disabili per classi”.
Lungo tutto l’iter scolastico, inoltre, dovranno essere individuati i cosiddetti “referenti di caso”, cioè una persona scelta tra gli insegnanti, assistenti sociali e altre figure che seguono il disabile e che avrà il compito di relazionarsi con la famiglia a nome di tutti i soggetti che si occupano del familiare disabile, evitando quindi che la famiglia stessa sia costretta ad avere più referenti con cui rapportarsi per avere il quadro delle informazioni.
L’accordo, inoltre, si allarga anche alla fascia degli alunni in situazione di disagio, tra cui disturbi specifici di apprendimento, emozionali e in situazione di disagio sociale che – in base alle ultime stime – riguarda 3889 ragazzi (pari al 14% della popolazione scolastica), di cui 2196 minori con problemi neuropsichiatrici e psicologici e 1693 con problemi di dispersione scolastica.
Per questa fascia le risorse a disposizione sono quelle del personale – insegnanti di classe e di sostegno – personale educativo, tutor, attrezzature e sussidi delle scuole, formazione iniziale e continua del personale, servizi di supporto e consulenza svolti da Memo, consulenza del Servizio di neuropsichiatria infantile, enti convenzionati con il Comune quali la Scuola-bottega e centri di aggregazione per adolescenti, volontariato, terzo settore e associazioni dei genitori.
E’ questo l’obiettivo principale dell’”Accordo distrettuale per l’integrazione scolastica dei disabili nelle scuole di ogni ordine e grado” approvato ieri dal Consiglio comunale con il voto favorevole della maggioranza e del Gruppo Indipendente e con l’astensione della maggioranza. L’accordo comporterà per il Comune di Modena una spesa annuale di circa 3 milioni e mezzo di euro e riguarda attualmente 501 ragazzi disabili divisi tra le scuole di ogni ordine e grado, a cui il Comune già garantisce il supporto di 386 tra soggetti scelti tra personale educativo, tutor e interpreti della lingua dei segni.
Un piano, quello approvato, concordato tra Sindaco di Modena, Direttore del Distretto Sanitario 3, Direttore del Servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’Ausl di Modena e Dirigenti Scolastici delle scuole di ogni ordine e grado del Comune di Modena, in collaborazione con le associazioni dei genitori e che mette al centro l’handicap: “Il principio fondamentale da cui si parte – ha spiegato l’assessore all’Istruzione Adriana Querzè – è quello contenuto nella Convenzione Internazionale Onu dei diritti delle persone secondo cui i disabili non hanno diritti diversi e speciali, ma hanno i diritti di tutti. Educazione ed istruzione riguardano perciò anche i disabili. Cambia quindi l’approccio, si introduce lo sforzo di percorsi che non sono solo speciali, ma si realizzano all’interno della scuola di tutti per ribadire che la scelta di inclusione è una scelta di civiltà da mantenere anche in situazioni particolari”.
Nel dettaglio, l’accordo intreccerà in un unico percorso i contenuti dell’accordo provinciale dell’handicap, i Piani di Offerta Formativa delle singole scuole, i piani diagnostici e riabilitativi dell’Ausl, i Piani di Zona e i Piani per la Salute, le risorse del Comune e quelle dell’Ufficio Scolastico Territoriale (ex Provveditorato). Dal punto di vista pratico, una volta individuata in fase infantile una disabilità, prenderà il via il percorso integrato tra Ausl, scuola, Provveditorato e Comune con un primo incontro di programmazione tra il Servizio di Neuropsichiatria Infantile e il Distretto Sanitario, a cui seguirà quindi il progetto di integrazione da parte dell’Istituto che prevede – tra le altre cose – la richiesta di risorse in termini finanziari e di personale. Il percorso integrato, una volta definito, dovrà garantire la continuità almeno fino ai 14 anni, con la possibilità proseguire anche alle scuole superiori e all’università passando attraverso due distinti e successivi piani di orientamento alla scelta della scuola secondaria e della facoltà, a cui si affiancherà anche la possibilità di percorsi misti scuola-lavoro e scuola-centri diurni.
Rispetto all’orientamento per la scelta della scuola superiore, l’assessore ha fatto notare che “di solito i disabili sono orientati verso istituti professionali, ma passa l’idea di allargare la gamma delle possibilità perché tutte le scuole devono saper rispondere alle esigenze di ragazzi in difficoltà. Quindi i capi degli istituti superiori concordano sulla necessità di questa operazione culturale. I Presidi delle superiori e medie ogni anno nei mesi autunnali cominceranno a incontrare i consigli di classe e i genitori delle seconde medie per pianificare percorsi di orientamento, con l’obiettivo di limitarsi all’inserimento di un massimo di due disabili per classi”.
Lungo tutto l’iter scolastico, inoltre, dovranno essere individuati i cosiddetti “referenti di caso”, cioè una persona scelta tra gli insegnanti, assistenti sociali e altre figure che seguono il disabile e che avrà il compito di relazionarsi con la famiglia a nome di tutti i soggetti che si occupano del familiare disabile, evitando quindi che la famiglia stessa sia costretta ad avere più referenti con cui rapportarsi per avere il quadro delle informazioni.
L’accordo, inoltre, si allarga anche alla fascia degli alunni in situazione di disagio, tra cui disturbi specifici di apprendimento, emozionali e in situazione di disagio sociale che – in base alle ultime stime – riguarda 3889 ragazzi (pari al 14% della popolazione scolastica), di cui 2196 minori con problemi neuropsichiatrici e psicologici e 1693 con problemi di dispersione scolastica.
Per questa fascia le risorse a disposizione sono quelle del personale – insegnanti di classe e di sostegno – personale educativo, tutor, attrezzature e sussidi delle scuole, formazione iniziale e continua del personale, servizi di supporto e consulenza svolti da Memo, consulenza del Servizio di neuropsichiatria infantile, enti convenzionati con il Comune quali la Scuola-bottega e centri di aggregazione per adolescenti, volontariato, terzo settore e associazioni dei genitori.
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