14/06/2005

UNA SERA A CENA CON I TERRAMARICOLI

Domenica 19 giugno il parco archeologico di Montale propone fino a mezzanotte assaggi di antichi cibi. Viaggio tra le abitudini alimentari di 3mila 500 anni fa
Che cosa mangiavano gli abitanti della pianura padana nell'età del bronzo' Lo spiegherà una mostra aperta domenica 19 giugno dalle 10 a mezzanotte al Parco archeologico della terramara di Montale, dove dalle 19 alle 24, nella suggestiva cornice del museo all'aperto, i visitatori potranno anche assaggiare antichi cibi e assaporare il pane cotto nei forni di argilla. La mostra, con la quale il parco partecipa alla rassegna 'Cibi e sapori nell'Italia antica', promossa dal Ministero per i beni e le attività culturali, dà conto dei primi risultati delle ricerche effettuate dalle Università di Modena e Lecce, che hanno analizzato reperti botanici e faunistici dallo scavo della terramara e formulato alcune ipotesi sull'alimentazione dei nostri antenati. Sono esposti anche numerosi attrezzi legati alle pratiche agricole: probabili parti di aratri, picconi, zappe, falcetti e macine per ottenere la farina dei cereali coltivati. Non mancano gli utensili per preparare e consumare i cibi: fornelli, mestoli, colini, coltelli in legno, un 'uncino' in bronzo per afferrare i pezzi di carne cotti insieme a zuppe di cereali di legumi, e poi vasellame 'da cucina' e 'da mensa' finemente decorato. Le tecniche di fabbricazione e l'utilizzo degli attrezzi agricoli verranno sperimentati nel museo all'aperto, accanto alle colture sperimentali di grano, orzo, favino, cicerchia, lenticchie e piselli, impiantate sulla base dei resti botanici individuati nello scavo. L'orzo, ormai giunto a maturazione, verrà mietuto con riproduzioni di falcetti dell'epoca e per i bambini sarà possibile sperimentare la macinatura dei semi sulle macine in pietra. Gli enormi progressi fatti negli ultimi anni da discipline come la paleobotanica e l'archeozoologia hanno enormemente allargato le conoscenze sul cibo preparato dai nostri antenati 3 mila 500 anni fa. Oggi, infatti, attraverso l'analisi di pollini, semi e frutti rilevati negli scavi archeologici, sappiamo che il paesaggio attorno alle terramare era occupato da ampie zone disboscate destinate a pascolo o alla coltivazione dei cereali - soprattutto grano e orzo, ma anche paníco, avena e segale ' mentre negli orti nelle immediate vicinanze del villaggio si coltivavano diverse varietà di legumi, come fave, lenticchie e vecce. All'interno del villaggio, accanto alle case, esistevano granai per lo stoccaggio del raccolto: l'incendio di una di queste strutture è documentato nello scavo di Montale dal rinvenimento, in una fase databile fra la fine del XV e gli inizi del XIV secolo a.C., di svariati milioni di semi carbonizzati soprattutto di orzo e frumento frammisti a resti di elementi lignei. Oltre ai cereali, con cui si preparavano presumibilmente zuppe e focacce, la dieta degli abitanti delle terramare doveva includere latticini e carni, soprattutto di pecora, capra, maiale e in misura minore di bovino. Sporadicamente venivano consumati anche animali selvatici, dal cervo al capriolo al cinghiale. I cibi venivano cotti in pignatte di ceramica all'interno di piccoli forni e riscaldati su fornelli di terracotta. Le carni erano arrostite direttamente sulle braci dei focolari utilizzando spiedi in legno. Verdura e frutta derivavano da quanto la natura offriva spontaneamente: mele e pere selvatiche, prugnoli, more e soprattutto cornioli, da cui gli abitanti delle terramare ricavavano probabilmente una bevanda alcolica fermentata. La presenza di resti di corniolo, costante nei primi tre secoli di vita del villaggio, subisce un calo repentino proprio in concomitanza con la comparsa e l'aumento esponenziale dei resti di vite che diventano decisamente preponderanti attorno al 1300 a.C., forse segno che gli abitanti delle terramare avevano già cominciato ad apprezzare il vino.

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