03/06/2005

UNA CAPITALE DEL '600 TRA SEDUTTORI E AFFITTI ALLE STELLE

Martedì 7 giugno sarà presentato al Palazzo dei musei un volume di Albano e Grazia Biondi sulla 'metropoli' dello Stato. Le difficoltà tra modenesi e ferraresi
La chiacchiera cittadina si alimenta di storie piccanti e di amori clandestini e non si contano le grevi battute sulle dame venute da Ferrara. Le gentildonne modenesi rifiutano gli inviti alle feste di corte perché i ferraresi sono considerati 'lesti di mano e seduttori spregiudicati', a cominciare dal duca Cesare d'Este. E ad infoltire la già ricca casistica di incomprensioni si aggiungono gli affitti delle case, volati alle stelle dopo l'insediamento di un migliaio di forestieri in una città di 18 mila abitanti. L'avventura di Modena capitale, iniziata il 29 gennaio 1598 con l'arrivo da Ferrara di Cesare d'Este, 'principe sconfitto' e 'cavaliere umiliato', segna anche l'incontro tra due società e due stili di vita che faticano a capirsi e a fondersi. E, al di là delle chiacchiere che una piccola città sa sempre alimentare ad arte, il conflitto tra modenesi e ferraresi investe anche i ruoli politici e amministrativi. Di tutto questo parla il volume 'Modena metropoli dello Stato: storie e microstorie del primo Seicento', con testi del compianto storico Albano Biondi e della figlia Grazia. Quattordicesimo titolo della collana 'Quaderni dell'Archivio storico', il libro ripercorre in 267 pagine (16 euro) la nascita di Modena capitale e l'attività dell'Inquisizione, ma anche il rapporto tra comunità e corte. Il volume sarà presentato martedì 7 giugno alle 17.30 nella Sala dell'oratorio del Palazzo dei Musei, in viale Vittorio Veneto 5, dal vicesindaco di Modena Mario Lugli e dagli storici Marco Cattini, Gian Vittorio Signorotto e Giovanni Tocci. L'incontro, presentato dal direttore dell'Archivio storico Aldo Borsari, rientra nel programma di iniziative 'Il giallo e il blu, l'azzurro e l'oro della memoria', realizzato dal Comune, dalla Provincia, dall'Archivio storico comunale e dal Centro di documentazione provinciale. Attraverso l'utilizzo di ampi supporti documentari, il testo inquadra e mette a fuoco 'il brulichio, il fermento, fatto di consenso ma anche di inquietudini, di una comunità che sta vivendo il difficile momento di quando una piccola città deve improvvisamente inventarsi capitale', spiega Aldo Borsari. I modenesi vedono la Corte come il luogo in cui un principe troppo debole viene maneggiato da una 'cricca di Ferraresi avidi e impiccioni' per i quali il duca non può non avere un occhio di riguardo, poiché gli sono rimasti fedeli nella sventura dell'esilio. E' per questo che quando Gerardo Rangoni torna dall'ambasceria a Madrid e trova il marchese Bentivoglio nominato comandante generale di tutte le milizie dello Stato (e quindi viceduca di Modena) è riluttante a sottometterglisi. E il conte Massimiliano Montecuccoli, privato dallo stesso Bentivoglio del governatorato di Brescello, fa al suo duca un ultimo servigio andando ambasciatore a Mantova da Francesco Gonzaga, poi chiede licenza di non servire più perché troppo vecchio. Un modo elegante per chiamarsi fuori e non avere più nulla a che fare con una corte di poco amati ferraresi.

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