Nel '500 i Conservatori della Comunità si riunivano nella Sala del Fuoco
Tra il 1545 e il 1546 i Conservatori della Comunità modenese decisero di riqualificare il locale del Palazzo comunale nel quale si riunivano per amministrare la città, locale conosciuto come Sala del Fuoco per la presenza del grande camino dove in inverno gli ambulanti della piazza erano soliti attingere le braci. All'ampliamento della stanza e delle finestre si affiancò la realizzazione del soffitto ligneo a cassettoni, opera del maestro falegname Andrea Cavazza, mentre per la decorazione ad affresco delle pareti i Conservatori scelsero Nicolò dell'Abate, che aveva dato prova della sua abilità già nel 1537, a fianco del più anziano Alberto Fontana, dipingendo per incarico della Comunità l'edificio delle Beccherie Nuove, che tra le vie Albinelli e Selmi riuniva le botteghe dei macellai. L'artista, che raffigurò la guerra di Modena del 43-42 a.C. e il secondo triumvirato, portò a termine l'opera in soli tre mesi. A causa di esigenze di rappresentanza legate al nuovo ruolo della città, divenuta capitale del ducato estense dal 1598, il Consiglio si trasferì nel 1609 nella sala attigua, decorata da Bartolomeo Schedoni ed Ercole dell'Abate. La Sala del Fuoco fu vittima di un lento degrado e divenne Stanza della Cancelleria e più tardi degli Staffieri. I dipinti di Nicolò, anneriti dal fumo del camino, furono restaurati una prima volta tra il 1771 ed il 1772, quando subirono una parziale mutilazione nella parete sud, dovuta all'ampliamento delle finestre. Nel 1865, in occasione di un nuovo restauro, si decise lo strappo e il trasporto su tela. In seguito furono trasferiti nell'attigua Sala del Vecchio Consiglio e da lì riportati nella Sala del Fuoco nel 1909. In occasione dello spostamento i dipinti subirono nuovamente un intervento di restauro - promosso dall'allora direttore della Galleria Estense Giulio Bariola - con il quale si provvide a fare incassare le tele nel muro, restituendo al complesso quell'aspetto di ciclo affrescato che ancora conserva. Al 1980 risale un ulteriore intervento - condotto da Carlo Barbieri in collaborazione con Uber Ferrari - finalizzato soprattutto alla rimozione delle pesanti ridipinture e al recupero dei colori originali.
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