La presenza ebraica in città si fa risalire al 1025. Un tempo funzionavano tre sinagoghe
"La presenza ebraica a Modena si fa risalire al 1025, anche se i primi documenti ufficiali sono del 1393, quando si stabilirono in città alcuni prestatori provenienti da Perugia, Rimini e Fermo. Con il trasferimento della corte estense da Ferrara a Modena, nel 1598, molti ebrei seguirono i duchi e la comunità raggiunse le mille persone. Nell'area di piazza Mazzini, dove nel 1638 fu istituito il ghetto, funzionavano tre sinagoghe - una di rito italiano, una di rito tedesco e una di rito spagnolo - e una famosa scuola di studi ebraici e cabalistici frequentata anche da importanti studiosi come Abramo Graziani, Aaron Berechiach da Modena, Abramo Rovigo e Israele Cohen. "Nel 1700 - racconta Federica Francesconi, ricercatrice all'Università di Haifa, in Israele, e studiosa della società ebraica modenese - i Sanguinetti, i Sacerdoti, i Norsa e gli Usiglio possedevano tutti i filatoi ad acqua della città; nei calendari di corte degli anni '70 Laudadio Formiggini e Moisé Beniamino Foa sono annoverati rispettivamente come gioielliere e bibliotecario ducali. Queste attività non erano svolte solo da grandi operatori, ma anche da un foltissimo numero di semplici e indigenti lavoratori, rigattieri, merciai, piccoli rivenditori, uomini e donne che ogni mattina varcavano i portoni del ghetto, eretto nel 1638, e si recavano ad esporre le proprie merci nei mercati di Piazzetta Torre e Piazza Grande". Dopo la Rivoluzione Francese, con l'arrivo delle truppe napoleoniche in città (1796), le famiglie ebraiche, guidate da uomini come Moisè e Salomone Formiggini, Moisè Sanguinetti, Emanuele Sacerdoti non esitarono a battersi per la riuscita del nuovo governo modenese e della Repubblica Cisalpina, facendo parte della guardia civica e svolgendo incarichi politici di primo piano. Nonostante l'enorme delusione e le ritorsioni subite dopo la sconfitta di Napoleone, nel periodo della Restaurazione la partecipazione patriottica degli ebrei non venne meno, anzi fu fondamentale durante il Risorgimento. Benedetto Sanguinetti e Angelo Usiglio, ad esempio, non esitarono a sacrificare la propria vita, rispettivamente durante i moti insurrezionali del 1821 e nella congiura di Ciro Menotti del 1831. Ma fu solo con l'annessione di Modena al Regno d'Italia, nel 1861, che per gli ebrei iniziò il periodo dell'emancipazione. In quell'anno la comunità contava ancora mille persone, che si ridussero a 474 nel 1931 e a 185 nel 1945. "La piena adesione e fedeltà dei Donati, Levi, Crema, Nacmani, Namias, Modena, Formiggini, Friedmann, Usiglio, Teglio, Sacerdoti alla nazione e ai suoi valori fu decisamente confermata durante la grande guerra e nei decenni immediatamente successivi", prosegue Federica Francesconi. "Tanti ebrei modenesi, poveri e benestanti, incisero profondamente nella cultura e nella società della città e del paese. Intellettuali e scienziati, liberi professionisti ed eroi pluridecorati quali i professori Donato, Mario e Benvenuto Donati, l'editore Angelo Fortunato Formiggini, l'ingegnere Eugenio Guastalla, l'avvocato Gino Friedmann, il sindaco Ferruccio Teglio, il generale Ugo Modena come i negozianti Erminio Finzi e Celestino Usiglio, le maestre Gina Levi e Bice Corinaldi, solo per citarne alcuni, vissero e lavorarono a Modena con impegno". La presenza ebraica in città è testimoniata anche dall'elevato numero di frammenti di codici ebraici rinvenuti negli archivi locali (circa la metà dei 6 mila censiti nel territorio nazionale) e dalle oltre 250 pergamene provenienti da manoscritti ebraici medievali smembrati e riutilizzati dai legatori modenesi come copertine e legature di registri secenteschi. Lo stacco e il restauro delle pergamene, avvenuti a cura dell'Archivio storico comunale, hanno consentito il recupero di pagine di eccezionale importanza per l'antichità e la rarità dei manoscritti dai quali provengono, databili tra i secoli XI e XV. "
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