25/01/2002

SALVO' GLI EBREI DI MODENA DAI CAMPI DI STERMINIO

Domenica 27 gennaio sarà celebrata per la prima volta la figura di Francesco Vecchione, capo di gabinetto della Questura negli anni degli arresti e delle deportazioni
Salvò dall'arresto e dalla deportazione nei campi di sterminio numerosi ebrei modenesi, rischiò la fucilazione e nel dopoguerra testimoniò nei processi contro i criminali fascisti. La figura di Francesco Vecchione, capo di gabinetto della Questura di Modena ai tempi dell'introduzione in Italia delle leggi razziali del 1938 e punto di riferimento della comunità israelitica modenese, sarà celebrata per la prima volta, in occasione della Giornata della memoria, domenica 27 gennaio alle 11 nella sala del Consiglio comunale dal sindaco Giuliano Barbolini e dal questore Aldo Faraoni, che consegneranno un riconoscimento al figlio di Vecchione. E' in programma anche una relazione del direttore dell'Istituto storico di Modena, Claudio Silingardi, prima tappa di un approfondimento storico sulla figura dell'ex capo di gabinetto. Nato nel 1904 a San Paolo Bel Sito, in provincia di Napoli, Vecchione giunse alla Questura di Modena nel 1936 e vi rimase fino al 1951. Dopo l'introduzione delle leggi razziali, offrì supporto e sostegno alla comunità israelitica, attività che dopo l'8 settembre 1943 e in seguito all'occupazione nazista e alla nascita della Repubblica sociale gli costò l'allontanamento dalla Questura e il rischio di essere arrestato e inviato in Germania. Vecchione riuscì a salvare dall'arresto e dalla deportazione nei campi di sterminio (dove morirono 13 ebrei modenesi su circa 7 mila 800 deportati italiani) gli israeliti ancora residenti a Modena pretendendo l'applicazione rigida delle leggi italiane (che per esempio escludevano gli ebrei ultrasettantenni) e informando, attraverso agenti ausiliari fidati, coloro che erano in lista per essere arrestati, mettendoli così in condizione di fuggire. Grazie alla sua attività, sul finire del 1943 andò a vuoto la retata che doveva portare al fermo di tutti gli ebrei rimasti in città: si salvarono in questo modo gli ebrei jugoslavi a domicilio coatto nella zona di Concordia e San Possidonio e riuscirono a rifugiarsi in Svizzera i ragazzi ospitati a Villa Emma di Nonantola. Fu lui a mettere in libertà i 50 civili arrestati e percossi dalle milizie fasciste nella zona di Montefiorino il 16 febbraio 1944, nel ciclo di operazioni di rastrellamento in montagna che si conclusero con la della strage compiuta da reparti tedeschi e fascisti a Monchio, Susano e Costrignano, che causò la morte di 136 persone. E sempre grazie al suo intervento si evitò che lo sciopero generale proclamato a Modena nell'aprile 1944 venisse represso con la forza. L'attività di Vecchione non passò inosservata alle autorità fasciste, che lo inserirono tra le persone da fucilare e lo segnalarono ai tedeschi in occasione della rappresaglia compiuta a Modena il 30 luglio 1944, nella quale morirono venti persone. Gli ufficiali tedeschi si rifiutarono però di agire contro funzionari dello Stato. Nei mesi successivi, pur preoccupato di essere arrestato dai fascisti, Vecchione continuò a svolgere le sue funzioni in un clima nuovo, nel quale parte della Questura operava ormai in collegamento diretto con le organizzazioni della Resistenza. Dopo la Liberazione, personalità ebraiche e rifugiati politici sollecitarono Vecchione ad assumere il ruolo di Questore ma, non essendoci il benestare del ministero dell'Interno, l'incarico fu affidato a una persona di fiducia del Comitato di liberazione nazionale. L'attività di Vecchione, tuttavia, non si fermò e nel dopoguerra testimoniò in alcuni processi contro criminali fascisti, si preoccupò del rientro degli ebrei modenesi nella loro città, si impegnò nella riorganizzazione della Questura modenese in anni di forte conflitto sociale e politico. Lasciò Modena nel 1951. Morì a Lauro, in provincia di Avellino.

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