Le cifre confermano il declino della struttura comunale nata nel dopoguerra: dai 300 mila capi trattati nel 1962 ai 54 mila dell'anno scorso
Da 300 mila capi trattati nel 1962 ai 54.500 del 1999. La fotografia dello stato di salute del Mercato bestiame di Modena è tutta in questa cifra. L'onere finanziario passivo tutto a carico dell'Amministrazione comunale e quindi dei cittadini, è cresciuto via via nel corso del tempo e varierà, per l'anno in corso, tra gli 800 milioni e il miliardo. Nel 1998, tra gli 828 milioni di entrate ed i 1628 di uscite il disavanzo di gestione del Mercato è stato di 827 milioni. Analogo andamento nel 1999, con 769 milioni di entrate e 1631 di uscite, per un disavanzo di 862 milioni. Inaugurato nel 1951 nell'area di via Canaletto e successivamente ampliato (sino a raggiungere la dimensione complessiva di 94 mila 170 metri quadrati), il mercato bestiame ha sicuramente rappresentato uno dei punti di forza e dei simboli in una fase di crescita e sviluppo dell'intera città. Ma l'inarrestabile calo del peso di questa struttura, iniziato già a fine anni '70, è stato amplificato a dismisura in questi ultimi anni per l'affermarsi di diverse modalità di vendita con rapporto diretto tra compratori e allevatori (il che determina anche il fondamentale fatto che il prezzo non lo fa il mercato, come invece avvenuto per tanto tempo), cui si è aggiunta ora la crisi della mucca pazza, con tutte le ricadute di questa vicenda sul piano dei consumi e dei vincoli nella vendita. Se cala il numero di capi trattati (stando solo agli ultimi anni si passa dai 155 mila del 1990, ai 122 mila del '95 ai 54 mila del '99), cala nella stessa misura anche il numero di animali ospitati nelle stalle di sosta del Mercato stesso: da 96 mila nel '96, a 27 mila nel '99. Da rilevare che attualmente, dell'enorme area del Mercato, ne viene utilizzata solo una parte, e cioè 9 pensiline su 19 e 2 stalle su 7. Oggi si è dunque di fronte ad una struttura notevolmente sovradimensionata, ma anche obsoleta, rispetto alle modalità di contrattazione che si stanno affermando, e comunque non più in grado di rispondere alle esigenze della città e degli addetti del settore. E' anche da rilevare come il numero di operatori (compratori e venditori) sia ormai esiguo. Secondo le stime dell'anno scorso, i 20 operatori più importanti coprono una quota di contrattazioni tra il 50 e il 60%. Un'altra cifra significativa è nel trend che unisce i principali mercati italiani (Modena, Carmagnola, Montichiari, Cuneo, Parma, Piacenza). Il complesso di animali commercializzati in questi centri è passato da 672 mila nel 1990, a 384 mila nel 1995 a 250 mila nel 1999, segno di una profonda difficoltà propria di questo tipo di strutture.
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