Per me questo è il cinema, o meglio, la rappresentazione cinematografica: il momento in cui mi rilasso, sospendo la mia incredulità, e mi concedo di viaggiare in luoghi sconosciuti, in compagnia di amici più o meno noti, portata per mano da chi questo viaggio lo ha organizzato.
Una consuetudine quella del cinema che si è concretizzata prima attraverso un appuntamento settimanale, dove spesso mi capitava di andare anche da sola, e in un percorso di studi successivamente, con tanto di tesi di laurea intorno al tema del cinema di exploitation.
E' degli anni universitari l'abitudine di informarmi e appassionarmi anche al making of di un film, quindi non potevo mancare alla mostra Cinema Show, in programma fino al 7 giugno presso il Palazzo Santa Margherita a Modena, un allestimento di opere dalla Raccolta della Fotografia del museo modenese a cura di Daniele De Luigi e Marco Pierini.
Quello che porto a casa dopo la visone della mostra è la sensazione di un mondo che va oltre lo schermo, come possiamo solo immaginare, ma difficilmente ci è concesso vedere.
Le fotografie esposte spaziano in una arco temporale di circa un secolo. Ci mostrano gli attori in scene di vita quotidiana o mentre recitano sul set.
Queste ultime sono le mie preferite. La fotografia di scena è nata con lo scopo di promuovere i film prodotti. Le foto di scena della lavorazione dei film vengono spedite a giornalisti, redazioni e pubblicate su riviste e siti specializzati. Un ruolo di una importanza non indifferente.
La migliore definizione del mestiere del fotografo di scena che ho letto è questa: è un fotoreporter che documenta senza troppi filtri la vita del set cinematografico.
In mostra di questo tipo di foto se ne trovano diverse, e sono quelle che meglio restituiscono, a mio avviso, la magia del cinema, inteso come lavoro artigiano, fatto di persone che normalmente non vediamo, ma che insieme agli attori, ci raccontano ogni volta una storia diversa, cercando di stupirci, o almeno di farci passare un paio di ore in un altro mondo.
Oltre alle fotografie, ho portato a casa una poesia scritta da Valerio Mastrandea dedicata al fotografo di scena Chico De Luigi, intitolata
LODE AL PAGLIACCIO DELLA LUCE
Sappi...
Pagliaccio della luce
Che da lontano scagli frecce silenziose
Che pianopensi e ridi dentro.
Sappi...
Pagliaccio della luce
Che di luce vivi e luce bevi.
Sappi...
Che anche se non sento il tuo rumore
Non vedo il tuo naso rosso.
Sappi che...
Sempre so dove muovi le tue lunghe scarpe
Sempre farò in tempo...prima che tu scatti
Sempre farò in tempo a non essere vero.
Sappi questo.
Pagliaccio della luce.
Poesia che a dispetto di quello che si crede sia la fotografia, cioè la modalità per mettere a nudo chiunque venga ripreso, o di raccontare le cose in maniera vera e oggettiva, ci racconta invece di una finzione nella finzione.
Una mostra quindi da non perdere, non solo per appassionati di cinema, ma anche di fotografia.
"... questa è la bellezza del cinema. Ti porta in luoghi dove nessun biglietto aereo ti può portare.” [Jean-Jeacques Annaud].